sabato 20 dicembre 2014

Verso la pubblicazione

Il 2014 sta per concludersi, ma non voglio soffermarmi a fare bilanci su quello che è stato e quello che poteva essere (per me è stato un anno piuttosto difficile), ma voglio già proiettarmi verso il nuovo anno che sta bussando alla porta. E lo farò in modo ottimistico, perché se è vero che il buongiorno si vede dal mattino, allora il 2015 sarà un bellissimo anno.
Curiosi? Sarei tentata di non dirvi altro...
Sto scherzando!
Pochi giorni fa ho firmato un contratto con l'editore Panda Edizioni.
Sì, avete capito bene: nel 2015 verrà pubblicato il mio libro.
Potete quindi capire il mio entusiasmo. È fantastico pensare che una casa editrice, seppure di piccole dimensioni, ha puntato su di me e la mia opera. Sono davvero felice ed emozionata e, allo stesso tempo, un po' preoccupata. Mi spaventa soprattutto la fase della promozione. Sono piuttosto schiva e riservata e faccio fatica ad espormi direttamente. Sono una scrittrice sconosciuta e fin'ora non ho fatto molto per farmi un nome in tal senso (vedi "Lo scrittore e la strategia della visibilità" di Daniele Imperi). E poi, non posso non chiedermi cosa ne sarebbe della mia reputazione di scrittrice se il libro dovesse essere un totale fallimento e rimanere completamente invenduto...
Ma voglio scacciare, almeno per il momento, ogni pensiero negativo e proiettarmi verso questa nuova avventura con ottimismo e godere di ogni aspetto positivo. Per il momento voglio respirare a pieni polmoni questa sferzata di energia per la mia autostima. Difatti, questa casa editrice è pronta a spendere tempo e denaro su di me e sul mio lavoro. L'editore ha trovato qualcosa di buono in quello che ho scritto. E non è già questo un successo? Il resto verrà dopo, un passo alla volta.
Come dite? Non vi detto né il titolo né di cosa parlerà il libro?
Be', ve lo dirò un'altra volta: vi lascio un po' di suspense!

martedì 2 dicembre 2014

ScrivereGiocando - Natale 2014


Non è Natale senza la pagina ad esso dedicato di Morena Fanti!

È on-line la pagina virtuale di ScrivereGiocando 2014.

E quest'anno c'è una particolare novità: all'interno troverete un mio modesto contributo!

E allora cosa aspettate? Leggete e assaporate l'atmosfera natalizia!

venerdì 21 novembre 2014

Le avventure di R.* - Prelievo di sangue

R. deve fare un prelievo di sangue. Appena vede il laccio emostatico comincia a urlare che non vuole essere legata. La puntura in sé proprio non la sente, troppo concentrata dal laccio al braccio. Con grande sollievo della piccolina il braccio viene presto liberato e l'infermiera applica un cerottino. R. sfodera un sorriso dolce e smagliante, prende per mano la mamma e saluta felice: «Ciao e grazie della bua!»


Ti è piaciuto questa piccola storia? Allora segui anche le avventure di V.



*Piccola sbilf (folletto carnico) di tre anni e quattro mesi.


venerdì 31 ottobre 2014

La torta di zucca

Le magri mani grinzose toccavano e soppesavano tutte le zucche del bancone.
«Signo’. Le mie zucche sono le migliori di tutto il mercato.»
Noemi cercava una zucca soda e polposa, ma non troppo grande, perché doveva trasportarla a casa a piedi, aiutata solo dal carrettino della spesa, che le aveva regolato la figlia il Natale precedente.
La meticolosa selezione la portò ad individuare la zucca perfetta. Per la sua forma tonda, senza deformazioni ed il colore arancio vivo e uniforme sembrava quasi finta. Entrava giusto giusto nell’apertura del carretto.
Soddisfatta, se ne tornò a casa con passo lento. Avrebbe fatto una bella torta di Halloween per i suoi nipotini e, visto che era una zucca così bella, invece di tagliarla a pezzi, l’avrebbe svuotata senza rovinarla e incisa con la faccia di Jack O’Lantern.
Quasi fosse un rito, posò con delicatezza l’ortaggio sul piano lavoro della cucina, lo pulì con un panno umido e preparò due coltelli affusolati, uno grande e uno un po’ più piccolo, e una ciotola di vetro.
Si apprestava a sferrare la prima coltellata, quando udì una voce gutturale: «Cos’hai intenzione di fare?»
Il battito del cuore accelerò.
«C’è qualcuno?»
Serrando il coltello in mano, raggiunse il soggiorno con il passo più spedito che le sue stanche gambe le consentissero.
«Marta sei tu?»
Non c’era nessuno. La casa era silenziosa e non sembrava che si fosse intrufolato nessuno. Pensò di esserselo immaginato, ma per sicurezza controllò che la porta d’ingresso fosse chiusa a chiave.
Ritornò in cucina per riaffrontare la zucca.
Stava per affondare il coltello, quando sentì di nuovo la voce chiederle: «Non vorrai mica farlo?»
Il cuore le saltò in gola e lasciò cadere il coltello.
«Chi sei?»
«Io!» Tuonò la voce, rimbombando per tutta la stanza.
«C-chi?» Balbettò la donna, indietreggiando di pochi passi.
«Lo sai bene! Mi volevi fare a pezzi!»
Per un attimo pensò di essere diventata matta. Forse tutti i film di Halloween che aveva visto in quei giorni con i nipoti l’avevano suggestionata.
Prima di riprendere il suo lavoro, decise che si sarebbe riposata un pochino sul divano. Raccolse il coltello e lo posò accanto all’ortaggio. Ma ritrasse di scatto la mano: le sembrava che la zucca avesse davvero una faccia, con due occhi penetranti che la fissavano arrabbiati. Il cuore le riprese a martellare nel petto. Indietreggiò terrorizzata fino al lavabo e, con la coda dell’occhio, le sembrò di scorgere qualcuno alla finestra. Si girò per chiedere aiuto, ma sobbalzò. Sul davanzale c’era un’altra zucca, con occhi infuocati e bocca arcigna. E anche nella finestra di fianco c’era una zucca dalla faccia crudele. Era circondata.
Il cuore martellante nel petto lasciò il posto a un dolore straziante, accompagnato da brividi freddi e un malore diffuso, nonché dalla consapevolezza del sopraggiungere della morte.
Noemi si accasciò al suolo, circondata dal ghigno delle zucche. Erano loro che la stavano uccidendo.

La trovò esanime la figlia Marta. Stesa sul pavimento della cucina. Sul piano di lavoro c’erano sue coltelli e una ciotola di vetro vuota.
Marta non scoprì mai cosa volesse cucinare sua madre prima che la colpisse la morte.
In cucina non c’era traccia della zucca che Noemi aveva acquistato al mercato.

Vi piacciono i racconti di paura? Allora forse vi piaceranno anche:

venerdì 3 ottobre 2014

In otto con cane

Per qualcuno la voglia di avventura è innata e dura per tutta la vita. Per qualcun altro, invece, nasce e scema con l’adolescenza. Era questo lo spirito che animava questi otto ragazzi, che si erano uniti per un caso fortuito e che normalmente si frequentavano di rado. C’era Enrico, che aveva messo gli occhi su Monica. Così il primo si era accompagnato al cugino della fanciulla, Patrik, e la ragazza si era fatta scortare dalla sua amica del cuore, Anna. Poi c’era la coppia di innamoratini, Sofia e Alberto, ed infine  Agnese, amica di Sofia, e Mario, figlio del proprietario della casera. L’unica cosa che avevano in comune era la voglia si avventura e di esperienze nuove tipiche di quella età. Avevano progettato la gita in montagna nei minimi particolari, con l’occhio adolescenziale, che presta molta più attenzione ad aspetti goliardici e meno alle cose pratiche e, per di più, con l’atteggiamento “da grandi”, che porta a snobbare i consigli degli adulti più esperti e pratici nelle cose di mondo.
Destinazione Casera Ruin, al di sopra degli abitati della Val Pesarina, a metà strada tra Prato e Truia.
Previdenti, si erano portati appresso il cane di Enrico, come guardia del corpo, visto che dovevano passare una notte isolati tra rocce e boschi. Non si erano nemmeno dimenticati delle provviste per la cena e la colazione del mattino dopo, comprese pentola per la pasta, pentolino per riscaldare il sugo e moka per il caffè. Enrico e Alberto si erano portati dietro anche la tenda e un paio di sacco-a-pelo, con la speranza di riuscire ad appartarsi con le fanciulle.
Mario era la guida della sgangherata carovana, assistito da Patrik, che spesso faceva gite tra le Alpi Pesarine con il padre. E come vere guide esperte sbagliarono strada. Per riprendere la via dovettero attraversare un piccolo rio impervio. Le scarpe da ginnastica comode per le camminate non lo sono di certo per il bagnato e per questo tipo di avventure fuori sentiero e così, chi scivolando, chi proprio non abituato a questo tipo di escursioni, i nostri giovani giunsero alla loro meta con i piedi completamente zuppi. Ovviamente nessuno aveva previsto una possibilità del genere e nessuno aveva dato retta alla mamma e al suo consiglio “metti nello zaino un paio di calzini di riserva, non si sa mai”.
Ma le disavventure erano solo all’inizio, perché giunti allo stavolo di Mario, la chiave di riserva, che si trovava nascosta proprio sotto il masso accanto alla catasta di legna, non si trovava. I ragazzi non si scoraggiarono, montarono le due piccole tende, che fortunatamente Enrico e Alberto avevano portato, e accesero il fuoco con le legna accatastate dal papà di Mario.
La notte era già vicina e la temperatura cominciava ad abbassarsi. Qualche stomaco cominciava a brontolare, ma l’acqua per la pasta non si decideva a bollire e così, di comune accordo, su proposta di Sofia, si buttò un chilo di pasta nell’acqua tiepida: «Ci vorrà un po’ più di tempo, ma alla fine si cuocerà».
Risultato: la pasta era immangiabile e nemmeno il cane la toccò, preferendo accucciarsi accanto alla tenda con un guaito affranto.
La serata continuò attorno al fuoco tra canti stonati, storie di fantasmi e grosse risate scherzose. Infine, infreddoliti, presero posto nelle piccole tende, dapprima maschi e femmine divisi, ma poi, accampando varie scuse, i posti si scambiarono e, innocentemente, ragazzi e ragazze si mescolarono, finché sopraggiunse Morfeo. Fortunatamente c’era il cane a fare la guardia e a tenere a bada ogni timore di trovarsi all’aperto in balia di chissà che animali selvaggi.
Il risveglio non fu meno movimentato.
Alle prime luci dell’alba il fidato cane svegliò il suo padroncino e con esso tutta la compagnia. A poche decine di metri sopra l’accampamento era nevicato. E in effetti qualche genitore aveva posto un po’ di resistenza: una gita in montagna nel mese di aprile non era proprio il periodo ideale.
Patrik andò a lavarsi il viso nel vicino rio e ritornò accanto al gruppo di amici con il ciuffo di capelli congelato, facendo rimandare ogni proposito di pulizia agli altri sette.
Fu acceso il fuoco e si preparò il caffè. Nell’attesa si provò a spalmare la Nutella sul pane indurito, ma la crema di nocciola era congelata e fu adagiata accanto alla moka del caffè sul fuoco. I giovani inesperti attesero invano sia l’uno sia l’altra: ottennero solo una moka bruciata e un vaso di Nutella rotto.
Il freddo e la fame prese infine il sopravvento sulla voglia di avventura e decisero di smontare l’accampamento e tornare a casa.
Chissà perché quello che stava prima non entrava più negli zaini? Così le coperte furono arrotolate e legate sopra lo zaino e Sofia appese, alla bene e meglio, le pentole al proprio zaino e a quello di Alberto.
Lo sgangherato gruppo rientrò a casa, attraversando mezza Val Pesarina fu notato da qualche anziano curioso e pettegolo che diffuse la voce di ragazzi che giravano per la vallata sporchi e disordinati come zingari.
Per i giovani, invece, fu comunque una fantastica avventura, che li unì per sempre e che gli avrebbe fornito uno spassoso aneddoto da raccontare negli anni futuri e nelle rimpatriate. E cominciarono, finalmente, ad ascoltare i consigli dei genitori… Bon, forse non tutti, ma i cambiamenti avvengono un poco alla volta.

lunedì 29 settembre 2014

Secondo mini racconto con la S

Seduto sulla sedia, sonnecchiava Simone. Sobbalzò sentendo suonare la sveglia, stranamente sistemata in soggiorno.

Se ti è piaciuto questo giochino con la lettera "S", ti piacerà anche "Mini racconto con la S"

mercoledì 10 settembre 2014

Perché ho smesso di recensire libri

Ho smesso di postare le mie recensioni sempliciotte perché non rappresentavano nessun valore aggiunto, né per me che le scrivevo, né per voi lettori, che le subivate. Visto che ho la memoria piuttosto corta, mi ero imposta di scrivere qualcosa su ciascun libro che leggevo, con la convinzione che ciò mi avrebbe aiutato a ricordare meglio storia, autore e sensazioni. E con questi post avrei ottenuto anche un altro risultato: quello di implementare gli articoli del mio blog. Ma di fatto, parlare di ogni libro che leggo si è dimostrata una missione difficile: certi libri non meritano neanche la pena di essere citati, altri rivelerebbero troppo sul romanzo che sto scrivendo, altri ancora, seppure piacevoli (magari per passare un paio di ore spensierate), non sono così speciali da creare un articolo degno di questo nome. Infine, quelli che che hanno comunque trovato un loro piccolo spazio in questo mio diario virtuale non si sono rivelati di certo una bella prova di scrittura. Così ho deciso di smettere. Anche se... ho appena terminato un libro che meriterebbe proprio due righe...
Chissà?! Forse!

mercoledì 3 settembre 2014

FIABA - Alpina fata della montagna

Una fresca mattina di primavera, da una goccia di rugiada posata sul più bel fiore di alta montagna, la Stella Alpina, nacque una bellissima fatina dalla pelle bianca come la neve e dai lunghi capelli color argento. Le fu dato il nome di Alpina e fu subito affidata alle cure della fata Tatù. Fata Tatù aveva il compito di insegnarle a volare e a usare la sua magia, ma ebbe un gran daffare con la piccolina. Alpina non riusciva a stare ferma ad ascoltare cosa le spiegava fata Tatù e spesso scappava di nascosto per andare a giocare con i suoi amici insetti e volare tra i verdi prati montani assieme a api e farfalle.
Un pomeriggio si allontanò senza avvertire e andò a cercar qualche piccola amica con cui giocare, ma non trovò nessuno.
Provò a chiamare: «C’è qualcuno?»
Ma non ottenne risposta.
«Strano. Chissà come mai non c’è nessuno in giro.» Pensò.
Intenta com’era nella ricerca di compagnia, non si accorse dei grossi nuvoloni neri che si stavano avvicinando e in pochissimo tempo fu circondata da una fitta foschia, che non le permetteva di vedere più niente. Iniziò a piovere forte e il cielo cominciò a rombare di tuoni e a schiarirsi del giallo degli infuocati fulmini.
La piccola Alpina, fradicia di pioggia, trovò riparo accanto a un sasso cavo.
Quanta paura aveva!
Stava per mettersi a piangere disperata, quando sentì poco più lontano un pianto ancora più disperato.
«Dove sei?» Urlò per sovrastare il rumore del temporale.
«Sono qui!» Le rispose una giovane voce tremante.
La fatina seguì, senza vedere dove stesse andando, il pianto del piccolo disperso, fino a quando si trovò davanti a un vitellino tutto tremante per la paura.
«Mi sono perso. Non so dov’è la mia mamma. Ho tanta paura.»
«Non ti preoccupare, sono io qui con te.» E così dicendo, Alpina, che vicino al vitellino era davvero minuscola, posò la sua manina sul muso dell’animale e lo tranquillizzò. La sua calda magia lo avvolse.
Per fortuna il temporale non durò molto e, come erano venuti, i grossi nuvoloni si dispersero in fretta, lasciando il verde prato e le imponenti montagne con dei colori più vivaci del solito.
I due dispersi si sentirono chiamare in lontananza. Erano la fata Tatù, che cercava Alpina, e una mucca, in cerca del suo vitellino.
«Grazie fata Alpina per aver aiutato il mio piccolo Argo.» Disse la mucca. «Ti sono davvero grata.»
«E io sono davvero orgogliosa di te.» Aggiunse fata Tatù. «Tu sarai la fata della montagna!» Sentenziò infine.
Alpina ringraziò fata Tatù per la nuova designazione e subito volò via in cerca delle sue amiche.
«Povera me! Chissà se ho preso la decisione giusta…» Sussurrò tra sé e sé fata Tatù, mentre guardava sorridendo la briosa fatina svolazzare tra i fiori in compagnia di farfalle e api.

venerdì 29 agosto 2014

Chiuso per lavoro

In periodo estivo è deleterio stare lontano dal blog perché sovraccarichi di lavoro e non lavorare nel settore del turismo!

domenica 29 giugno 2014

Un manoscritto da revisionare

Sono giunta alla vetta! Ho finalmente terminato il mio romanzo.
Il problema è che forse la fatica non è valsa il panorama. Ho riletto tutto d'un fiato quello che ho scritto, che poi non è così tanto se penso al tempo che ci ho messo (il file con gli scarti è più lungo!). Il risultato finale non è proprio come me lo aspettavo.
Il fatto è che per avere una maggiore chiarezza devo attendere qualche mese per rileggere il manoscritto ed iniziare la revisione. Ma se il lavoro mi delude già ora, cosa ne sarà tra qualche mese? Carta straccia?
Spero che la mia reazione sia solo dovuta alla tensione accumulata che sta scemando, come quando ti sottoponi ad un esame importante. Ti prepari per mesi e poi, subito alla fine del colloquio finale crolli e ti disperi perché sei andata malissimo. Poi ti riposi e ti rendi conto che non è andata per niente male e il giudizio degli esaminatori te lo conferma.
Ad ogni modo i prossimi passi saranno: uno, dimenticarsi di quanto scritto fin'ora, sgomberare la mente e iniziare a scrivere qualcosa di nuovo; due, consegnare due manoscritti a persone di fiducia, i quali hanno il compito di controllare fatti ed eventi (il romanzo parla di eventi realmente accaduti); tre, revisione finale e solo allora deciderò se potrò cercare un editore.

venerdì 20 giugno 2014

Notte insonne

Non c'è niente di più produttivo per uno scrittore di una notte insonne. Poco importa se la mattina dopo ci si alza assonnati e pieni di mal di testa.


lunedì 2 giugno 2014

L'ultimo capitolo

Sono in dirittura d'arrivo. È da un paio di mesi che vedo il traguardo con su scritto "fine romanzo". Non è mancanza di ispirazione o di idee. Il finale ce l'ho, sin da quando ho iniziato a scrivere il romanzo. Forse è più la paura di finire qualcosa che mi ha accompagnato per tanto, tantissimo tempo, di lasciare andare la mia creatura. Un po' come avviene con i figli: si passano anni ad educarli e ad insegnare loro come cavarsela da soli, ma poi, quando arriva il momento in cui devono spiccare il volo, si fa di tutto per trattenerli.
Ecco. A me manca proprio il coraggio di mettermi seduta davanti alla pagina bianca e scrivere quell'ultimo capitolo, forse due.
Sì, perché terminare il romanzo vuol dire procedere con la fase successiva. Non tanto quella della revisione, che in fondo l'ho già iniziata, almeno per i primi capitoli, ma la ricerca di un editore. Significa mettere in piazza il mio lavoro e magari scoprire che ho lavorato molto per un prodotto mediocre che nessuno vuole. E, ammettiamolo, questa è una possibilità non tanto remota, ma tanto tanto dolorosa. Eppure un passo fondamentale per ogni scrittore.

martedì 29 aprile 2014

Il furto della collana Victoria

«Allora, cos'è successo?» Chiese il commissario arrivando sulla scena, rivolgendosi in generale a tutti gli agenti presenti. Gli si avvicinò l’agente P. «Buonasera Commissario. Hanno rubato la Collana Victoria…»
«E niente altro?» Chiese quasi meravigliato il Commissario, rendendosi conto solo allora di trovarsi alla mostra “Gioielli reali: tra lusso e storia”, per cui tutta la città era tappezzata di locandine e di attenzione mediatica.
«No signore. Ma ho parlato con il Direttore del museo,» disse indicando un omino afflitto che parlava con l’agente della sicurezza del museo, «e la collana vale parecchi milioni di euro, senza parlare del suo valore storico… Insomma, sia che venga venduto sul mercato nero delle opere d’arte, sia che venga smontato e venduto per singole gemme, il ladro si sistema per tutta la vita.»
«Cos'ha detto? Il ladro? Come fa ad essere sicuro che si tratti di una sola persona?» Il commissario conosceva bene l’agente P., non parlava mai a caso e se aveva detto “il ladro” in modo così convinto, voleva dire che a riguardo aveva qualche indizio certo. Proprio per questo sulla sua scrivania aveva pronta una lettera di raccomandazioni per la sua promozione.
«Il furto è avvenuto con una destrezza unica. Senza interrompere gli allarmi elettronici ed eludendo le videocamere. Di sicuro un contorsionista o qualcosa del genere. Assieme all'agente Z. abbiamo visionato la videocassetta di sorveglianza e abbiamo colto un’ombra che si arrampicava su questo spigolo.» E indicò uno spigolo di pochi centimetri in alto sulla parete alta di fronte la bacheca che conteneva la Collana Victoria. «Il ladro si è calato dal tetto,» proseguì, dirigendosi verso la finestra e indicando un grande cerchio tagliato nel vetro, da cui penzolava una corda da alpinista, «e poi vi è risalito arrampicandosi sulla corda. Una sola persona, perché non aveva bisogno di complici che disattivassero allarmi o lo aiutassero in alcun modo.» Sentenziò infine.
Il Commissario si affacciò alla finestra con la testa nel buco e si ritrasse di colpo: una lieve vertigine dovuta all'altezza. In cuor suo non poté non avere un guizzo di ammirazione per il ladro.
«Testimoni?»
«La guardia notturna non ha visto niente. Abbiamo fermato una ragazza, che passeggiava fuori dal museo. La sta interrogando Z., ma sembra che non abbia visto nulla. Per di qua.»
L’agente P., seguito dal Commissario, scese le scale con passo atletico fino al piano terra, dove l’agente Z. era seduto su una panca con una giovane ragazza grassoccia. La ragazza sembrava molto tranquilla e continuava a scuotere la testa. L’agente Z., non appena si accorse della presenza del Commissario, gli si avvicinò. «Buona sera Commissario.»
«’sera. La testimone?»
«Afferma di non aver visto niente… Dice di essere uscita a fare due passi nella notte, perché soffre d’insonnia…»
«Be’, se il ladro è entrato e uscito dal tetto è plausibile.» Sussurrò il Commissario. «Prenda le sue generalità e la mandi a casa. Di certo non è lei!» Aggiunse con una risatina, alludendo alla forma fisica poco atletica della giovane; i due agenti complici risposero anch’essi con una risatina.
La ragazza venne congedata e salutò con un cenno del capo in direzione del Commissario quando con passo lento e pesante uscì dal museo. I poliziotti ripresero il loro lavoro incuranti.
Una volta fuori dal museo, la giovane prese una lunga e profonda boccata d’aria. Le piaceva l’aria fresca della notte. Si fermò a guardare in alto il palazzone del museo e osservò per un istante la finestra sfregiata dal ladro.

Poi riprese con il suo passo pesante la sua passeggiata, cercando di avvilupparsi intorno al corpo il giaccone nero, che a stento si chiudeva attorno alle sue rotondità. Poi, con un sorriso si mise le mani in tasca e ne toccò il contenuto. Dopotutto il suo aspetto, che tanto la complessava, aveva i suoi vantaggi: nessuno immaginava la sua grande agilità da atleta e men che meno il Commissario poteva sospettare che le prodezze del ladro contorsionista le poteva fare un corpo come il suo. In fondo la ricompensa per tanti anni di umiliazioni e per la superficialità di tutti coloro che la giudicavano solo dall'aspetto non era solo quello economico, che le avrebbe portato la Collana Victoria, ma era lo stupore ebete che di lì a poco la scoperta dell’identità de ladro avrebbe suscitato. Ma quando ciò accadde, lei era già lontana.

mercoledì 23 aprile 2014

Esercizi di scrittura - Io non scappo

Oggi voglio mostrarvi due versioni di uno stesso racconto.
L'occasione è nata dal concorso letterario indetto da Autogrill, che unisce due mi grandi passioni: la scrittura ed il caffè. Si tratta di completare una delle cinque tracce scritte da Luciano De Crescenzo.
Così, per curiosità, ho provato: ho scelto una traccia e poi mi sono lasciata prendere dall'ispirazione. È nato, senza aver nemmeno letto le regole del concorso, il primo racconto che posto qui sotto. Poi ho scoperto, mio malgrado, che lo spazio massimo era di 600 caratteri, spazi inclusi. Mi sono intestardita e ne è venuto fuori il secondo che riporto.

Mi ero da poco trasferito nella nuova casa, e una mattina scesi per andare al bar e prendere un bel caffè. C'era un po' di gente, così aspettai qualche secondo. Appena mi sembrò che il barista fosse libero mi feci avanti…
«Un caffè liscio, per favore.»
Il barista con fare professionale mi preparò un caffè nero e fumante.
«Lei è il signore che ha comprato la vecchia casa in via D’Annunzio?»
Feci un cenno con la testa, mentre sorseggiavo il caffè.
«E…» Esitò.
«Si?»
«Be’… dicono che sia infestato dai fantasmi…»
Mi misi a ridere: «Sì, in effetti le ho sentite queste voci…»
«E non ha paura?»
Risi ancora più forte.
«I fantasmi non esistono.» Puntualizzai.
«Sarà, ma in quella casa sono sempre successe cose strane. L’ultimo proprietario se ne è andato dopo solo un mese. Di notte. È letteralmente scappato.»
Le avevo sentite tutte quelle storie. Mi ero informato bene prima di firmare il contratto, visto che il prezzo così basso mi aveva alquanto insospettito. La casa era davvero favolosa: una villetta su tre piani, due garage, due cantine, una taverna, un bel giardino non troppo piccolo ma nemmeno troppo grande e tanto tanto sole. Al suo interno, molti anni prima, si era consumata una tragedia: il marito aveva trovato la moglie a letto con l’amante e furioso di gelosia li aveva ammazzati e poi si era tolto la vita. Le voci dicevano che da allora gli spiriti dei tre fossero rimasti nella casa e che rivivessero ogni notte la loro tragedia.
«Io non scappo, tranquillo. Quant’è il caffè?»
Pagai e uscii. Non sarei mai scappato da quella casa: mi sarei presto abituato ai rumori e alle urla che sentivo di notte; iniziavano sempre alla stessa ora, alle 23.43, e terminavano a mezzanotte in punto e poi potevo dormire tranquillamente. Ora più che mai non avrei lasciato quel posto, vicino a casa c’era un bar dove facevano un caffè eccellente.

Mi ero da poco trasferito nella nuova casa, e una mattina scesi per andare al bar e prendere un bel caffè. C'era un po' di gente, così aspettai qualche secondo. Appena mi sembrò che il barista fosse libero mi feci avanti…
e ordinai un caffè nero.
«Lei è il signore che ha comprato la vecchia casa?»
Feci un cenno di sì, mentre sorseggiavo il caffè.
«Non ha paura dei fantasmi? L’ultimo proprietario è scappato la prima notte terrorizzato.»
Molti anni prima il marito aveva trovato, in quella casa, la moglie con l’amante e furioso di gelosia li aveva ammazzati e poi si era tolto la vita. Le voci dicevano che da allora gli spiriti dei tre fossero rimasti nella casa e che rivivessero ogni notte la loro tragedia.
«Io non scappo.»
Ora che avevo assaggiato quel favoloso caffè, mi sarei anche abituato ai fantasmi!

Che ne dite?
Già che ci siete, se vi è piaciuto il racconto più corto, perché non mi votate a questo link?

domenica 13 aprile 2014

8 curiosità sulla mia scrittura

Ancora una volta Daniele Imperi ispira (anche se questa volta è stato ispirato a sua volta). E così ho riflettuto sul mio mondo di scrittrice ed ecco qui otto curiosità:

1) Quando inizio a scrivere ho già l'intera storia in testa: l'inizio, il corpo e la fine.
Non mi metto a scrivere finché non ho la trama ben in mente. Ci penso per giorni, fino a quando non ho tutto chiaro e poi scrivo. A volte arrivano comunque dei punti critici, ma non insormontabili e rimangono un'eccezione; niente che mi faccia buttare pagine e pagine già scritte.

2) Spesso il racconto nasce dal finale.
Immagino un finale, per lo più a sorpresa, e poi cerco di costruirvi sopra la storia.

3) Scrivo quasi tutto con carta e penna per poi trascrivere sul computer.
E non è una questione di tempo a disposizione e spazio dove scrivere, proprio mi viene più spontaneo. Lo so che così serve più tempo, ma si vede che la mia scrittura ha bisogno di tutto questo tempo.

4) Mi capita di scrivere di notte, a letto, quando mi prede l'insonnia.
Non perché l'ispirazione mi colga d'improvviso mentre dormo, ma perché quando mi metto a scrivere qualcosa, che sia un racconto o un romanzo, ci penso e ripenso tutto il giorno e, si sa, di notte si rielabora meglio.

5) Non scrivo affatto bene: gli altri scrivono molto meglio di me!
Non ho affatto una scrittura fluida, ma anzi è spesso ripetitiva e ridondante. Molti altri scrittori, invece, non hanno di questi limiti e riescono a rievocare immagini e sensazioni con parole semplici e scorrevoli o riescono a costruire similitudini e metafore bellissime, che a me, ahimé, non sono mai passate per la mente.

6) Adoro scrivere. Altrimenti avrei abbandonato da un pezzo!
E qui mi ricollego al punto precedente, perché se non avessi una vera ed insana passione per lo scrivere, sarei proprio una pazza a soffrire così davanti al foglio!

7) Vivo nel mio mondo, fatto di azioni e problemi quotidiani che mi assorbono completamente, ma quando mi capita di notare qualcosa in quello reale, diventa subito spunto per una storia.

8) La storia devo sentirla proprio mia.
Non potrei mai inventarmi una storia così su due piedi, solo per soddisfare un tema che propone qualcun altro. È per questo che non partecipo quasi mai ai concorsi letterari: il tema può essere d'ispirazione per qualcosa che ho già dentro, altrimenti non riesco a scrivere niente di decente.


venerdì 11 aprile 2014

Le avventure di V. - Mamma mi compri tanti libri?

In libreria
Tra gli scaffali di una libreria, con una voglia irrefrenabile di impossessarsi di tutti i libri che capitavano sotto gli occhi, scorrazzavano due piccole sbilfs (folletti carnici) di anni cinque e mezzo e due e mezzo.

V: - Voglio questo... e questo... mamma, mi prendi anche questo?
R: - ...
Mamma: - Bimbe, sceglietene uno solo, quello che vi piace di più.
V: - Mamma, ti prendi quello?
Mamma: - Sì.
V: - Allora, andiamo a pagare!
Mamma: - Aspetta, che guardo ancora un po'...
V: - Ma mamma, ti compri due libri? Non è giusto: avevi detto uno solo!
Mamma: - Uno è per papà...

A casa sul divano
V: - Mamma, glielo hai dato il libro a papà?
Mamma: - No... ti ho detto una piccola bugia... Sai, ho preso due libri per me perché papà non ne ha preso nessuno...
V: - Glielo devi dare!
Mamma: - Devo proprio?
V: - Sì, devi!
Mamma: Va bene... ma sono molto triste...
V: - D'accordo mamma, tienilo, ma non diciamolo a papà!

Se ti è piaciuto questo raccontino, ti piaceranno anche gli altri: clicca sulle "Avventure di V."

mercoledì 9 aprile 2014

Sussurri

A volte ci sono frasi sussurrate, che ti entrano dentro, scavano e ti scalfiscono fino ad insinuarsi nel tuo cervello e plasmarlo.
A volte ci sono frasi sussurrate che ti colpiscono più di grandi discorsi urlati.
A volte ci sono frasi sussurrate che fanno danni enormi!

sabato 29 marzo 2014

Una casa da salvare


Erano dieci anni che non mettevo piede in quella casa. Troppo doloroso. Troppi ricordi. Da quando la nonna era morta non avevo più voluto entrarvi: non ce n’era motivo. Ma quando papà mi comunicò la sua intenzione di vendere la vecchia casa, qualcosa si ribellò in me. La casa della nonna era piena di ricordi della mia infanzia e la sua tragica ed improvvisa morte mi aveva segnato. E ogni volta che pensavo a lei un laccio mi strizzava il cuore. Mi mancava molto ed avevo evitato di ripercorrere quelle stanze dove avevo trascorso molti giorni felici durante la mia infanzia. Ma mai e poi mai avrei permesso a degli estranei di entrarvi e di viverci. Così, con fermezza, chiesi a mio padre di cedermela per andarci a vivere da sola. Dopotutto ormai ero grande ed era giunta l’ora di spiccare il volo. Papà dapprima si meravigliò: gli sembrò strano che volessi vivere proprio in quella casa, dove per tanti anni mi ero rifiutata di entrare. Ma non si oppose, anzi, sembrò in qualche modo sollevato. Credo che in fondo dispiacesse anche a lui doverla vendere. Ma in lui era sempre prevalso il senso pratico della vita, a discapito delle passioni e dei ricordi, e piuttosto che lasciare una casa chiusa e disabitata destinata ad un lento, ma inevitabile degrado, preferiva venderla. Era sicuramente un sollievo per lui darla a sua figlia, che l’amava quanto lui.
E così mi imbarcai in questa fantastica avventura.
All’inizio si trattò di ripulire tutto dalla polvere e di rinfrescare ogni stanza. Diedi una mano di tintura in tutte le stanze, mantenendo il colore bianco originale. Di giorno mi improvvisavo imbianchina, aiutata dai miei genitori, e di sera, quando mi chiamavano, facevo la cameriera. Non avevo ancora trovato la mia strada lavorativa. Facevo lavori saltuari. Dopotutto, mi dicevo, ero ancora giovane e preferivo divertirmi con gli amici quando potevo. E poi non avevo una vera passione per qualcosa in particolare. Vivevo, come si suol dire, alla giornata.
Quando fu tutto più pulito e fresco e non rimaneva che trasferirmi, mi resi conto che quella casa non mi rispecchiava. Quella era ancora la casa della nonna e non rispondeva alle mi esigenze di ventenne. Si trattava di rinnovare la casa, ma senza ristrutturarla: non potevo permettermelo economicamente, né volevo imbarcarmi in lavoro di ristrutturazione, lunghi, impegnativi e polverosi. Per fortuna le stanze erano belle ampie da essere comunque versatili e potei disporre gli arredi a piacimento.
Mi recai in edicola ed acquistai tutte le riviste che parlavano di case e di arredamento e le studiai attentamente. Poi stesi un progettino: decisi la destinazione di ogni stanza; come sistemare i mobili della nonna, quali salvare, magari riciclandoli, e quali eliminare definitivamente; infine decisi il pattern dei colori da usare per tessuti e oggettistica. Non cambiai il colore delle pareti: preferivo lasciare il bianco per dare maggiore luce agli ambienti e giocare con i colori di tessuti ed accessori.
La mia vita cambiò molto. Avevo finalmente un progetto da seguire e mai come ora mi ero appassionata a qualcosa. In pochi giorni divenni una vera esperta in arredamento d’interni, grazie anche a internet. Acquistai tende e cuscini nuovi. Alcuni mobili li ridipinsi, per alcuni gli cambiai la destinazione. Il salotto fu il mio maggior successo. La vecchia poltrona della nonna, , ancora in buone condizioni,  rifoderata con un bel tessuto fluo bastava da sola per dare un nuovo aspetto, più giovanile, al salotto.  Gli accostai il vecchio tavolino un po’ tarlato che teneva al piano di sopra, dopo averlo leggermente carteggiato e avergli dato una mano di impregnante. Il massimo fu disporre in un angolo le vecchie valigie trovate in soffitta e destinate alla discarica,  impilandole per grandezza decrescente; sopra ci appesi una composizione di cartine geografiche, acquistate nuove. Per le altre stanze mi comportai più o meno allo stesso modo, riaccostai mobili diversi, riciclai il possibile, imparai tecniche fai-da-te, dall’uncinetto al decoupage.
In poco tempo la vecchia casa della nonna divenne la mia casa, fresca ed accogliente. Così potei finalmente trasferirmi. Organizzai una bella cena con i miei genitori e con gli amici, che non risparmiarono i complimenti per il risultato che avevo ottenuto nella casa, perché come cuoca lasciavo ancora a desiderare. Ero felice come non mai. In quei pochi mesi mi ero davvero divertita ed avevo ottenuto proprio un bel risultato. Mi resi conto che mi sarebbe piaciuto ricominciare mille volte questa esperienza, che mi aveva coinvolto e dato un’energia nuova, che non avrei mai immaginato di possedere.
Decisi così di diventare un’arredatrice di interni, trovando finalmente la mia strada professionale. Volevo diventare una vera professionista! La migliore!
Non ho ancora capito se papà aveva davvero deciso di vendere la casa della nonna o se la sua fosse stata solo una provocazione per aiutarlo a salvarla o se, addirittura, fosse un tentativo per salvare il mio destino incerto. Sicuramente salvò sia me sia la casa della nonna.

giovedì 6 marzo 2014

Raccolta 2013 - Ebook in omaggio

Ecco la breve raccolta di racconti e fiabe che ho scritto l'ano scorso. Se lo volete lo potete scaricare gratuitamente qui.

Buona lettura a tutti!



giovedì 6 febbraio 2014

Una passione, un destino

Lucio Moretti aveva sempre sognato di diventare astronomo. Sin da bambino. Quando tutti i suoi amici volevano macchinine e camion, lui aveva chiesto a Babbo Natale un telescopio per guardare le stelle.
Di notte dormiva poco. Si metteva alla finestra e osservava gli astri per ore.
A otto anni conosceva già le costellazioni. Tutte. Le individuava in un batter d'occhi e ne conosceva il nome e, per alcune, conosceva anche la sua leggenda.
E così i suoi studi avevano preso l'ovvia direzione, prima il liceo scientifico e poi la laurea in astrofisica. Neanche dirlo: era sempre stato il primo della classe! Neolaureato ottenne subito un dottorato presso l'Osservatorio di Trieste e vi si chiuse dentro, con la testa in su a guardare il firmamento.
Fu una gioia immensa scoprire una meteora. Grande, anzi gigantesca. Si trovava lontano anni luce dalla Terra, talmente lontana che all'inizio nessun collega l'aveva vista. Lucio aveva notato una strana curvatura nello spazio-tempo e si era intestardito: quella era la prova della presenza di una cometa. Infine riuscì a convincere il suo superiore. Tutti i telescopi furono puntati verso l'enorme astro. Aveva una massa tre volte quella della terra e rappresentava un'infinita fonte di dati e nozioni. Iniziò un lavoro di raccolta dati, che durò mesi.
La cometa fu chiamata Moretti. Il più grande onore in campo astrofisico! Il premio per eccellenza per un vero appassionato!
Quando la cometa deviò il suo percorso, il nostro Lucio con tutto lo staff cercò di individuarne il motivo, dimenticandosi, per un po', di calcolarne la nuova rotta. Fu ancora una volta Lucio a calcolarne la rotta e la sua fantastica scoperta, la sua cometa, divenne, ironia della sorte, il peggiore incubo della Terra.
Lucio aveva sognato sin da bambino di scoprire un astro e di dargli il proprio nome, ma non avrebbe mai immaginato che la sua scoperta avrebbe rappresentato la fine della Terra, diventando l'ultima cosa che ogni essere vivente avrebbe visto prima di morire.

domenica 26 gennaio 2014

Come organizzare la propria biblioteca

Sicuramente gli amanti dei libri si sono fatti spesso questa domanda.
Il sistema più logico ed immediato è quello di organizzare i volumi in ordine alfabetico, di solito per cognome dell'autore. Ma questo metodo vale solo per i romanzi, perché i manuali è meglio suddividerli per tema trattato. Inoltre c'è il problema della raccolte; va bene ordinare per AA.VV. ma forse si corre il rischio di dimenticare dove si è letto il tale racconto del tale scrittore e di non trovarlo più nella propria biblioteca.
Alcuni amano sistemare i propri libri in ordine di grandezza, dal più alto al più basso. Altri, i più maniaci dell'ordine, per colore (ed in effetti è un gran bel impatto visivo). Ma con questi metodi estetici può capitare di riacquistare un volume che si aveva già di cui non ci si ricordava il precedente acquisto. A me è capitato ed è piuttosto seccante, considerato che con quei soldi avrei potuto acquistare altri titoli.
Quando finalmente si è trovata la giusta sistemazione bisogna ricominciare tutto daccapo perché ci sono i nuovi arrivi da inserire.
E che dire quando lo spazio finisce? Comprare altre librerie? Sì, fino a quando c'è spazio e poi? Cambiare casa? A meno di essere Paperon De Paperoni è impensabile e, anche se lo fossimo, un po' troppo faticoso solo per ordinare libri.
In fondo credo che un bibliofilo ami anche questo continuo lavoro di riordino e ricollocamento, ama circondarsi dei suoi libri e averne un po' ovunque e pazienza se agli estranei appare una libreria un po' (forse tanto) disordinata!
E voi, come organizzate la vostra biblioteca?

giovedì 2 gennaio 2014

Nel nuovo anno

Nessun buon proposito per il nuovo anno, per non correre il rischio di rimanere delusa a dicembre per non aver portato a termine i progetti auto-imposti.
Semplicemente la voglia di non lasciarsi trascinare dalla frenesia della quotidianità e di concedere più attenzione alla scrittura e a questo blog, per il quale non ho ancora trovato la giusta direzione. Ho deciso di abbandonare del tutto il vago progetto di cui vi avevo accennato l’anno scorso, forse troppo complesso e attualmente troppo faticoso da realizzarsi.
I punti fermi sono due: adoro leggere e amo scrivere.
Sul fronte della lettura, le idee sono due. La prima è quella di rivedere i post in cui parlo dei libri letti, che fin’ora non avevano proprio le caratteristiche di recensione, dandogli un tono più professionale o, quanto meno, più serio. La seconda è scaturita in questi due giorni, quando mio suocero mi ha regalato un libro come augurio per il nuovo anno. Si tratta di un autore che non conosco, seppure residente nella mia stessa provincia. Appena mi sono rilassata sul divano, accanto alle bimbe che guardavano i loro cartoni animati, ho cominciato a leggere il libro e mi sono lasciata trascinare. Siccome è la seconda esperienza positiva di autori che vivono nel mio stesso territorio, ho deciso che leggerò molto di più scrittori appartenenti alla mia area geografica, cercando di scovarne di altri, magari meno noti.
Per quel che riguarda la scrittura, l’intendimento è sempre lo stesso: la costanza. Voglio portare a termine il romanzo che ho iniziato ormai da troppo tempo. E devo assolutamente scrivere di più anche racconti. Volevo confezionarvi la racconta di quelli  pubblicati qui nel 2013, creando una raccolta in pdf, ma mi sono resa conto solo ora che sono davvero pochissimi, anche aggiungendo le due fiabe. Forse lo farò lo stesso, ma ha più l’aria di un foglietto che non di una raccolta. Certo non sono rimasta senza scrivere del tutto, mi sono dedicata al romanzo, che però invece di essersi allungato si è accorciato ogni volta che lo prendevo in mano: vi lascio immaginare… Se poi considero anche i post sempre più rari in questo blog, non posso di certo essere orgogliosa della mia carriera da scrittrice nell’anno 2013!
Insomma, la fine dell’anno rappresenta per chiunque un resoconto di quello che si è fatto. Per me più di chiunque altro, perché negli ultimi giorni di dicembre compio anche gli anni e vedo che l’età avanza e non riesco a progredire concretamente. Non voglio diventare vecchia e guardarmi indietro piena di rammarico per non aver davvero provato a realizzare il mio sogno di scrittrice.

Tic tac, tic tac, il tempo corre!