martedì 31 gennaio 2017

METTERE LA PAROLA FINE AL PROPRIO LAVORO

Mettere la parola fine a un lavoro che ci ha portato via mesi non è facile. Quel lavoro è diventato parte di te, della tua quotidianità. È quasi un figlio. È quello che mi sta capitando con il mio ultimo romanzo. Per molto tempo ho cercato il giusto finale, perché quello che avevo immaginato quando ho iniziato la stesura non era più adeguato. Oserei dire persino banale e probabilmente lo era già in fase di progettazione. Ho così trovato quello giusto e l’ho perfino scritto. Ora mi mancano un paio di capitoli precedenti, per non lasciare un buco. Mi è già capitato di scrivere, senza rispettare l’ordine finale della storia (non quella cronologica, ma quella necessaria per la trama, che si sa ama i feedback e quelle costruzioni lì per creare suspense). Per cui non è questo il problema. Quando ho scritto il capitolo finale sapevo che avevo ancora qualcosa da scrivere. Il fatto è che però mi sono resa conto che mi mancava un minimo sforzo per completare il romanzo e questa consapevolezza mi ha bloccato. Non ho più scritto una parola del romanzo, dedicandomi ad altri progetti, nei quali ho messo meno passione.
Non è blocco dello scrittore, perché so cosa scrivere, il come viene davanti alla tastiera.

Il punto invece è questo: quando una cosa ti appassiona, la senti tua, gli hai dato tutte le tue attenzioni, hai paura di lasciarla andare. Il mio romanzo è lì, semi completo, gli basta poco per prendere la sua strada (lettori beta, revisioni e ricerca di editore) e non me la sento di concluderlo. 

venerdì 6 gennaio 2017

La storia della Befana

In un villaggio, non molto distante da Betlemme, viveva una giovane donna che si chiamava Befana. Non era brutta, anzi, era molto bella e aveva parecchi pretendenti.. Però aveva un pessimo caratteraccio. Era sempre pronta a criticare e a parlare male del prossimo. Cosicché non si era mai sposata, o perché non le andava bene l’uomo che di volta in volta le chiedeva di diventare sua moglie, o perché l’innamorato – dopo averla conosciuta meglio – si ritirava immediatamente.
Era, infatti, molto egoista e fin da piccola non aveva mai aiutato nessuno. Era, inoltre, come ossessionata dalla pulizia. Aveva sempre in mano la scopa, e la usava così rapidamente che sembrava ci volasse sopra. La sua solitudine, man mano che passavano gli anni, la rendeva sempre più acida e cattiva, tanto che in paese avevano cominciato a soprannominarla “la strega”. Lei si arrabbiava moltissimo e diceva un sacco di parolacce. Nessuno in paese ricordava di averla mai vista sorridere. Quando non puliva la casa con la sua scopa di paglia, si sedeva e faceva la calza. Ne faceva a centinaia. Non per qualcuno, naturalmente! Le faceva per se stessa, per calmare i nervi e passare un po’ di tempo visto che nessuno del villaggio veniva mai a trovarla, né lei sarebbe mai andata a trovare nessuno. Era troppo orgogliosa per ammettere di avere bisogno di un po’ di amore ed era troppo egoista per donare un po’ del suo amore a qualcuno. E poi non si fidava di nessuno. Così passarono gli anni e la nostra Befana, a forza di essere cattiva, divenne anche brutta e sempre più odiata da tutti. Più lei si sentiva odiata da tutti, più diventava cattiva e brutta. Aveva da poco compiuto settant’anni, quando una carovana giunse nel paese dove abitava. C’erano tanti cammelli e tante persone, più persone di quante ce ne fossero nell’intero villaggio. Curiosa com’era vide subito che c’erano tre uomini vestiti sontuosamente e, origliando, seppe che erano dei re. Re Magi, li chiamavano. Venivano dal lontano oriente, e si erano accampati nel villaggio per far riposare i cammelli e passare la notte prima di riprendere il viaggio verso Betlemme. Era la sera prima del 6 gennaio. Borbottando e brontolando come al solito sulla stupidità della gente che viaggia in mezzo al deserto e disturba invece di starsene a casa sua, si era messa a fare la calza quando sentì bussare alla porta. Lo stomaco si strinse e un brivido le corse lungo la schiena. Chi poteva essere? Nessuno aveva mai bussato alla sua porta. Più per curiosità che per altro andò ad aprire. Si trovò davanti uno di quei re. Era molto bello e le fece un gran sorriso, mentre diceva: “Buonasera signora, posso entrare?”. Befana rimase come paralizzata, sorpresa da questa imprevedibile situazione e, non sapendo cosa fare, le scapparono alcune parole dalla bocca prima ancora che potesse ragionare: “Prego, si accomodi”. Il re le chiese gentilmente di poter dormire in casa sua per quella notte e Befana non ebbe né la forza né il coraggio di dirgli di no. Quell’uomo era così educato e gentile con lei che si dimenticò per un attimo del suo caratteraccio, e perfino si offrì di fargli qualcosa da mangiare. Il re le parlò del motivo per cui si erano messi in viaggio. Andavano a trovare il bambino che avrebbe salvato il mondo dall’egoismo e dalla morte. Gli portavano in dono oro, incenso e mirra. “Vuol venire anche lei con noi?”. “Io?!” rispose Befana.. “No, no, non posso”. In realtà poteva ma non voleva. Non si era mai allontanata da casa. Tuttavia era contenta che il re glielo avesse chiesto. “Vuole che portiamo al Salvatore un dono anche da parte sua?”. Questa poi… Lei regalare qualcosa a qualcuno, per di più sconosciuto. Però le sembrò di fare troppo brutta figura a dire ancora di no. E durante la notte mise una delle sue calze, una sola, dove dormiva il re magio, con un biglietto: “per Gesù”. La mattina, all’alba, finse di essere ancora addormentata e aspettò che il re magio uscisse per riprendere il suo viaggio. Era già troppo in imbarazzo per sostenere un’altra, seppur breve, conversazione. Passarono trent’anni. Befana ne aveva appena compiuti cento. Era sempre sola, ma non più cattiva. Quella visita inaspettata, la sera prima del sei gennaio, l’aveva profondamente cambiata. Anche la gente del villaggio nel frattempo aveva cominciato a bussare alla sua porta. Dapprima per sapere cosa le avesse detto il re, poi pian piano per aiutarla a fare da mangiare e a pulire casa, visto che lei aveva un tale mal di schiena che quasi non si muoveva più. E a ciascuno che veniva, Befana cominciò a regalare una calza. Erano belle le sue calze, erano fatte bene, erano calde. Befana aveva cominciato anche a sorridere quando ne regalava una, e perciò non era più così brutta, era diventata perfino simpatica. Nel frattempo dalla Galilea giungevano notizie di un certo Gesù di Nazareth, nato a Betlemme trent’anni prima, che compiva ogni genere di miracoli. Dicevano che era lui il Messia, il Salvatore. Befana capì che si trattava di quel bambino che lei non ebbe il coraggio di andare a trovare. Ogni notte, al ricordo di quella notte, il suo cuore piangeva di vergogna per il misero dono che aveva fatto portare a Gesù dal re magio: una calza vuota... una calza sola, neanche un paio! Piangeva di rimorso e di pentimento, ma questo pianto la rendeva sempre più amabile e buona. Poi giunse la notizia che Gesù era stato ucciso e che era risorto dopo tre giorni. Befana aveva allora 103 anni. Pregava e piangeva tutte le notti, chiedendo perdono a Gesù. Desiderava più di ogni altra cosa rimediare in qualche modo al suo egoismo e alla sua cattiveria di un tempo. Desiderava tanto un’altra possibilità ma si rendeva conto che ormai era troppo tardi. Una notte Gesù risorto le apparve in sogno e le disse: “Coraggio Befana! Io ti perdono. Ti darò vita e salute ancora per molti anni. Il regalo che tu non sei venuta a portarmi quando ero bambino ora lo porterai a tutti i bambini da parte mia. Volerai da ogni capo all’altro della terra sulla tua scopa di paglia e porterai una calza piena di caramelle e di regali ad ogni bambino che a Natale avrà fatto il presepio e che, il sei gennaio, avrà messo i re magi nel presepio. Ma mi raccomando! Che il bambino sia stato anche buono, non egoista... altrimenti gli metterai del carbone dentro la calza sperando che l’anno dopo si comporti da bambino generoso”. E la Befana fece così e così ancora sta facendo per obbedire a Gesù. Durante tutto l’anno, piena di indicibile gioia, fa le calze per i bambini... ed il sei gennaio gliele porta piene di caramelle e di doni. È talmente felice che, anche il carbone, quando lo mette, è diventato dolce e buono da mangiare.

lunedì 2 gennaio 2017

2016: un anno di libri

Un anno fa ho inaugurato questo elenco di libri letti durante l'anno, per lo più per rendermi conto di quanto leggo davvero, ma anche per fermare un po' su carta tutte queste letture, perché si sa, non proprio tutto viene trattenuto dalla memoria.

Anche il 2016 si è caratterizzato da un lungo elenco di letture, anche se, paragonato al 2015, è più breve. Ho avuto un calo significativo nell'ultimo periodo (e non solo nelle letture, ma non vi tedierò...).

Riporto, quindi qui di seguito l'elenco, privo di commenti e giudizi: alcuni mi sono piaciuti molto, altri invece per nulla. Escludo, anche questa volta, tutti i testi che, per qualche motivo, non ho letto per intero, quelli che non ho portato a termine, quelli consultati per ricerche e per lavoro e tutti i libri e libricini letti alle mie bambine.

1) Pasolini un uomo scomodo, Oriana Fallaci;
2) Lajoie, il narratore, Giovanna Nieddu;
3) La ragazza del treno, Paula Hawkins;
4) In writting, Stephen King;
5) Un anno con Salinger, Joanna Rakoff;
6) Il tram del tempo, Davide Schito;
7) Come scrivere un best seller in 57 giorni, Luca Ricci;
8) Caro lettore in erba..., Gianluca Mercante;
9) Aprire un a libreria (nonostante l'-e-book), Gianni Peresson e Alberto Galla;
10) Per dieci minuti, Chiara Gamberale;
11) L'uomo che voleva fermare il tempo, Mitch Albom;
12) Le avventure di Sherlock Holmes, A. Connan Doyle;
13) Bagliori nel buoio, Maria Teresa Steri;
14) Passeggeri notturni, Gianrico Carofiglio;
15) Io viaggio da sola, Maria Perosino;
16) Scrivere un best seller, Gianni Lorenzi;
17) Io sono il nordest, AA.VV.;
18) La roccia nel cuore, Antonella Mecenero;
19) Il giovane Holden, J.D. Salinger;
20) Scrivere? Non è un mestiere per donne, Laura Costantini;
21) L'anno della grande nevicata, Gianni Lorenzi;
22) La situazione è grammatica, Andrea De Benedetti;
23) Il paese delle stelle nascoste, Sara Yalda;
24) Ricardo Y Carolina, Laura Costantini e Loredana Falcone;
25) Il sentiero dei profumi, Cristina Caboni;
26) Voglio scrivere un romanzo: vademecum per scrittori esordienti, Michel Franzonso;
27) Malgré-nous, Caroline Fabre - Rousseau;
28) La passione ribelle, Paola Mastracola;
29) La moglie magica, Sveva Casati Modigliani;
30) Il silenzio del mare, Vercors;
31) Senza tacchi non mi concentro!! (O così dice mia madre), Colette Kebell;
32) Scrivere è un mestiere pericoloso, Alice Basso;
33) Stanotte il cielo ci appartiene, Adriana Popescu;
34) Baci scagliati altrove e altri racconti, Sandro Veronesi;
35) Il bibliotecario, Marco Guarda;
36) Come la penso. Alcune cose che ho dentro la testa, Andrea Camilleri.

Le letture si diversificano molto tra di loro, per genere, formato, tema. Sono andata alla ricerca di autori nuovi, emergenti, poco noti, ma ho rispolverato anche qualche vecchio classico che ancora non avevo letto. 
Gli e-book sono davvero pochi: non li sento ancora come libri veri e propri.

Ora tocca a voi. Cosa vi sembra il mio elenco? Avete condiviso qualche lettura con me? Quali sono state invece le vostre?