domenica 22 novembre 2015

Vacanze romane senza letteratura

Quando parto per un viaggio mi piace informarmi sul luogo dove mi recherò, non solo dal punto di vista turistico, ,a anche da quello letterario. Mi piace immergermi nelle atmosfere dei luoghi che andrò a visitare. Così, per esempio, quest'estate quando sono andata in crociera nel mediterraneo orientale e ho raggiunto Istanbul, ho letto Istanbul di Orhan Pamuk e poi mi sono immersa nella lettura esotica de Il minotauro di Benjamin Tammus, gentilmente suggerito da Ivano Landi.
La settimana scorsa, dopo ben sette anni, sono tornata a Roma, meta che in passato, per molti anni, ha rappresentato una tappa annuale. Questa volta non ho ritenuta necessario immergermi precedentemente in libri d'arte o letture romane, certa di non averne bisogno, vista la conoscenza che ho della città. Mi chiedo se anche questo fatto abbia contribuito ad un soggiorno romano non molto piacevole.
Anche voi ci preparate ad affrontare un viaggio attraverso la lettura?

domenica 25 ottobre 2015

Al ladro!

Angela Guardò il nome sul display del cellulare prima di rispondere, senza smettere di lavorare. Aveva una consegna urgente ed era in ritardo.
«Ciao.»
«Ciao...» Rispose Diana con voce esitante.
«Cos’è successo?»
«Qualcuno dev’essere entrato in casa mia...»
«Cosa?! Hai avuto i ladri?» Angela aveva smesso di digitare al computer per concentrarsi sull’amica.
«Non proprio...»
«Cosa vuoi dire... hai trovato qualcuno dentro casa?»
«No. Ma qualcuno mi ha rubato il coltello, quello che tengo nello zoccolo, il più grande!»
Angela riprese a lavorare alla sua relazione.
«Lo avrai messo in qualche cassettino.» Disse con voce annoiata.
«No, no. L’ho cercato dappertutto e non l’ho trovato. Sono sicurissima che l’avevo messo dentro allo zoccolo l’ultima volta che l’ho usato.» Diana aveva una voce preoccupata.
«Vedrai che salta fuori quando non lo cerchi...»
«Sarà... ma sono convinta che qualcuno me l’abbia rubato!»
«Chi? La donna delle pulizie che nemmeno hai?»
«Spiritosa...»
«Ah, io spiritosa?! Mi vuoi dire che qualcuno è entrato dentro casa tua, solo per rubarti un coltello? Nemmeno fosse d’oro!»
«Eppure...»
«Tu sei fuori!» Tagliò corto Angela, meravigliandosi delle idee strampalate che a volte aveva la sua amica.

Erano trascorsi solo pochi giorni da quella telefonata tra amiche, quando Diana ricevette una visita.
«Polizia! Apra signora!»
Con il cuore in gola Diana aprì la porta d’ingresso e si trovò davanti due uomini nell’inconfondibile divisa blu.
«Agenti, è successo qualcosa?»
«Può seguirci in commissariato?»
«Di cosa sono accusata?»
Gli agenti non risposero e Diana seguì i due uomini in divisa.
Il Commissario l’attendeva seduto alla sua scrivania di metallo grigio. Chiese conferma alla donna delle sue generalità e poi le chiese: «Dove si trovava due giorni fa a quest’ora?»
«Ero a casa... ma si può sapere cosa succede?»
«Ha qualche testimone che può confermarlo?»
«No... ero sola...»
Allora il Commissario aprì il cassetto alla sua destra e ne estrasse una busta trasparente contenente un coltello con evidenti tracce di sangue.
«Sembra il coltello che mi hanno rubato!» Esclamò sorpresa Diana.
«Che le hanno rubato? Immagino abbia sporto denuncia!» Gli rispose l’uomo con voce divertita.
«Comunque mi conferma che è suo?»
La donna fece un cenno affermativo con il capo.
«Ne è davvero certa?»
«Sì. Vede qui sul manico quella macchia di colore verde? È una macchia di smalto... credevo fosse asciutto e invece ho rovinato il manico del coltello e ho dovuto togliere lo smalto dall’unghia e rimetterlo daccapo...»
Il Commissario, quasi incredulo, sorrise sotto i baffi, felice di aver risolto un caso in così poco tempo.
«Bene. Allora ammette che è suo... potevamo risparmiarci il controllo delle impronte... Lei è in arresto!»
«Come?! Ma con quale accusa? Io non capisco...» Diana si alzò dalla sedia agitata.
«Ma per l’omicidio della signora Giuditta! Ovviamente!»
«Ma io non ho ucciso nessuno! Mi deve credere! Non so nemmeno chi è questa signora!»
Il Commissario si limitò a fare un cenno del capo ad uno degli agenti presenti, che fino ad allora era rimasto immobile in silenzio dietro Diana, per farla accompagnare in cella.

Una settima prima, Stelvio si era introdotto a casa della sua ex moglie, della quale aveva ancora una copia di chiavi. Non aveva toccato nulla, si era limitato ad entrare in cucina e sottrarle il suo coltello preferito: grande e ben affilato.
Indossava i guanti per non lasciare le proprie impronte sull’oggetto e lo aveva riposto dentro un sacchetto di plastica trasparente, di quelli che si usano per conservare i cibi nel congelatore.
Il suo era un piano ben escogitato. Con il coltello aveva sgozzato la sua amante, della quale si era ormai stancato, ma che non voleva sentire ragioni di lasciarlo in pace. Era certo che le accuse sarebbero ricadute direttamente su Diana. Alla polizia non ci sarebbe voluto molto per capire chi fosse la proprietaria dell’arma e trovare il movente: anche dopo tre anni di separazione dal marito, la donna gelosa aveva fatto fuori l’amante del marito.
Poco importava se era stata proprio Diana a scacciare il marito e a chiedere il divorzio.
E non si sbagliava: nessun poliziotto, per quanto bravo, avrebbe cercato un altro colpevole, quando aveva già trovato l’assassino che cercava.

martedì 13 ottobre 2015

Ancora una piccola intervista

Lo so, sono un po' assente, ma mi farò perdonare.

Intanto gustatevi quest'altra intervista sul sito di Laura Bassutti sul suo blog Parliamo Di Libri, dove potrete approfondire la mia conoscenza e quella del mio ultimo libro.




venerdì 25 settembre 2015

Piccola intervista

Oggi mi trovate ospite nel caffè letterario de Gli scrittori della porta accanto:

Gli scrittori della porta accanto: Intervista all'autore emergente Un caffè con Angél...: Oggi il nostro caffè letterario è ben lieto di presentarvi un volto nuovo della letteratura italiana: è con noi Angélique Gagliolo. Conos...


lunedì 14 settembre 2015

E dopo la pubblicazione?

Arrivi finalmente alla tanto desiderata pubblicazione e per un certo periodo cammini a un metro da terra. Sei felice come non mai e sei certo che il tuo libro avrà un discreto successo. Sprechi anche tanta energia per auto-promuoverti, togliendo tempo e vitalità alla famiglia e alla tua passione per la scrittura, perché quel nuovo progetto può attendere intanto che culli l’ultima tua creatura che finalmente ha visto la luce.
Ovviamente hai pubblicato con una piccola casa editrice, perché quelle grandi non ti hanno degnato nemmeno di una risposta, ma ti accontenti perché sei disposto a fare la così detta “gavetta”. E l’editore è stato onesto, ti ha avvertito che non devi aspettarti miracoli, che il mondo dell’editoria è duro e non è facile smerciare scrittori esordienti, e che se vuoi vedere un po’ di risultati devi rimboccarti le maniche e cercare tu i contatti per promuoverti. Ti ha anche detto che lo puoi contattare quando vuoi per chiedere consigli, ma di non stressarlo chiedendogli continuamente conto delle vendite. E tu accetti: ha ragione, ti dici, non posso aspettarmi che faccia tutto lui, è giusto che mi rimbocchi le maniche anch’io, e se siamo in due a muoverci ci sono maggiori possibilità di riuscire a vendere il libro, perché è vero più se ne parla in giro e più sono le probabilità di farsi conoscere.
Così cominci con acquistarti le tue copie da vendere, distribuire o, a volte, regalare. E qualche piccolo, minuscolo, segnale di movimento da parte dell’editore anche lo scorgi, insomma non sta proprio con le mani nelle mani nemmeno lui. E tu intanto ti muovi, violenti il tuo carattere schivo e ti fai più sfacciato, cominci a parlare a tutti del tuo libro, ti crei pubblicità, una pagina facebook, o chissà cosa ti è venuto in mente durante le tue tanti notti insonni. Diventi un novello propinatore di cultura. Certo il fatto di non sapere quante copie vengono vendute un poco di pesa; hai la certezza solo di quello che smerci tu.
Timidamente chiedi informazioni a edicole e librerie e scopri che il distributore non è nemmeno passato. Allora chiedi, sforzando la tua normale indole, non è che posso lasciare io il libro in conto vendita, ma non tutti accettano, solo distributore dicono, anche se in vetrina hanno libri privi di codice ISBN e stampati nella locale tipografia, o chi accetta pretende una percentuale alta, che mangia ogni tuo margine. E la frustrazione che ti assale viene alimentata dalle richieste di amici, conoscenti o amici degli amici, che ti chiede dove diavolo si trova il tuo libro. Quindi, ti dici, la pubblicità ha funzionato, ma se poi il libro non si trova da nessuna parte hai lavorato per niente, perché non tutti acquistano i libri on-line e molti comprano il volume se lo trovano lì subito a disposizione, altrimenti pazienza, in fondo non gli cambia l’esistenza se non ce l’hanno.
Ne parli all’editore, che come risposta ti riversa addosso le sue di frustrazioni e ti parla di numeri e di bollette, di problemi con i distributori, ecc. Potresti anche rassegnarti, si vede che il mondo dell’editoria è davvero difficile, anche se la vocina che hai dentro continua a sussurrarti che se il libro fosse in libreria, almeno nelle librerie dove è ambientata la vicenda, un po’ venderesti. A rafforzare la tua idea c’è quel libro, che non è il famoso Grey, ma che trovi ovunque, e di cui tutti parlano nella tua zona, anche i non lettori, perché lo trovano sotto gli occhi ogni giorno, persino in merceria, e ti dici perché il suo sì, che tra l’altro hai letto e non è questa gran cosa, e il tuo no?
Ah, sì, giusto, perché lei il piccolo editore l’ha sposato… ma il distributore?!?

mercoledì 9 settembre 2015

Con una penna in mano

Colgo l'invito di Marina, per raccontarvi com'è entrata a far parte della mia vita la scrittura.

Da che ho memoria ho sempre avuto in mano una penna. Ho un’immagine del mio passato, quando ero ancora piccola, d’estate seduta davanti l’uscio della casa, sui gradini e all’ombra, con una vecchia agenda di quelle che ti regalavano le banche e che mia mamma non aveva utilizzato, e io imperterrita a riempire pagine e pagine di segni. Non parole, non lettere, ma segni che mi sembravano scrittura. Alle elementari avevo un diario, dove annotavo le cose che per me erano importanti (qualche anno fa l’ho riletto e che risate!). Alle medie sono arrivati i primi racconti e ho perfino iniziato un romanzo, che ovviamente è rimasto incompiuto. Allora avevo davvero una gran bella fantasia: descrivevo mondi inesistenti dalle forme insolite, mondi fantastici, extraterrestri e chissà cosa, solo le storie vacillavano un po’. La mania dei racconti è rimasta fino al secondo anno del liceo, quando li portavo all’insegnante di italiano per correggerli. Poi ha avuto un improvviso moto di arresto, sostituita da altri interessi, tipici di quell’età.
Più grandicella ho ripreso a scrivere, ma ahimè con meno fantasia. Da adulti ci si auto-pone troppi limiti, ci si fa continuamente delle domande sul testo che si sta redigendo, confinando molto la spontaneità in un recinto di false verità. A volte vorrei ritrovare quella fantasia illimitata che avevo da giovane e riuscire a scrivere senza pormi domande, senza porre confini fisici e storici agli avvenimenti. Vorrei davvero che la mia scrittura in prima battuta procedesse spensierata come un tempo, lasciando le domande e le limature alla fase di revisione: sono certa che verrebbero fuori cose interessanti.
È indubbio, però, che la scrittura mi ha sempre accompagnato nella vita e credo lo farà sempre, forse con alcune pause, ma il vero amore non lo puoi tenere per sempre lontano!

mercoledì 2 settembre 2015

Alla fine dell'estate

Le mie vacanze sono ormai più che dimenticate e per lo più non sono state così benefiche come preventivato. Al rientro non ho avuto quella sferzata di energia che mi aspettavo, solo una gran voglia di novità, ma senza quella convinzione che mi spingesse a cercarle. Ad ogni modo non sono stata con le mani in mano. Ho cercato davvero di promuovere il mio libro, ma credo di aver solo sprecato inutilmente energie. Non sono una venditrice. Anzi non sono proprio fatta per espormi in alcun modo alle attenzioni altri, ma ho tentato e a volte anche ci sono riuscita a contrastare questo mio carattere schivo! Ad ogni modo ho provato e non ho rimpianti. Mi mancano solo conferme… nel senso che mi piacerebbe sapere se il libro ha venduto almeno un paio di copie. Conosco solo il numero di copie che ho smerciato personalmente e il numero di librerie dove, ahimè, non ho trovato in vendita il libro... Non molto confortante.
Però sono piuttosto avanti con il nuovo romanzo. Scrivere rimane il mio rifugio! Ho ancora molto da lavorarci, ma è bello vedere aumentare le pagine e notare che tutto sembra filare come vorrei. Come al solito scelgo sempre le cose più complicate. L’idea di questo romanzo nasce da una leggenda appena accennata e che in realtà non trova conferma nella realtà, ma mi sono chiesta: “E se fosse vera? Cosa succede dopo?”. E così ho iniziato a scrivere, peccato che c’è molto lavoro di ricerca da fare, sia in ambito storico, sia per l’argomento: siamo alla fine del 1700 e arrivano i primi orologi.
E poi ci sono le letture, che all’inizio dell’estate hanno avuto un vertiginoso calo, ma che ora hanno ripreso il ritmo consueto. Come scelgo le letture? A caso, seguendo l’ispirazione del momento, per istinto, alla ricerca di qualcosa di nuovo lontano dalle mode. Proprio ieri una mia amica mi ha detto: “Lo sai, ho iniziato anch’io a scegliere i libri come li scegli tu e ora mi trovo a leggere cose strane ma interessanti, che non avrei mai letto prima!”. Bene, questa è stata una vera soddisfazione!

lunedì 24 agosto 2015

martedì 18 agosto 2015

Dovresti scrivere di più

Questa affermazione, che mi sono sentita rivolgere più volte in quest’ultimo periodo (in modo più o meno diretto) potrebbe essere interpretata in diversi modi.
In prima battuta potrebbe essere una richiesta di nuove storie. In effetti, ultimamente scrivo davvero pochi racconti. Un po’ perché hanno un target di lettori minore. Ho notato una scarsa curiosità nel mio blog per i racconti, anche se di fatto rappresentano il mio portfolio. Poi perché sono poche le case editrici che pubblicano racconti, con la motivazione che i racconti non vendono (ma non era la poesia?). Credo sia per questi motivi che preferisco dedicare più tempo al nuovo romanzo.
Ma potrei scrivere di più nel senso di dare maggior spazio alla descrizione di ambienti e sentimenti all’interno delle mie storie. Una volta ho letto su un blog un post in cui la lettrice affermava che per lei contano molto anche le dimensioni del libro che acquista. Affermava che non acquista mai libri piccolini. Io da lettrice non sono così drastica, perché all’interno di un libricino potrebbe esserci davvero una bella storia e ben scritta. Ma sono consapevole che le dimensioni contano per molti lettori (è vero anche il contrario, molti si lasciano spaventare delle troppe pagine!).
Un paio di amiche mi hanno detto che avrebbero voluto legge in 1976 – L’urlo dell’Orcolàt qualcosa in più sui protagonisti e sulla loro storia d’amore. Io volutamente l’avevo lasciata un po’ al margine della vicenda, perché volevo parlare del terremoto e delle sue conseguenze nella vita della protagonista. Ma sapere che in un certo senso ho lasciato un senso di amaro in bocca ai miei lettori, mi rattrista un po’ e mi spinge a pormi delle domande. Potrei riparare scrivendo un sequel, sarebbe un’idea, ma di sicuro non la soluzione. Posso solo prendere nota delle critiche per migliorarmi in futuro.
Da lettrice, invece, adoro molto le descrizioni ambientali, ma come scrittrice tendo a tralasciarle, timorosa di annoiare il lettore. Quando scrivo ho sempre paura di dilungarmi troppo e mi chiedo continuamente se sono davvero necessarie tante descrizioni e precisazioni. Opto per il taglio e lascio spazio alla fantasia del lettore… ma forse troppo?
Lo chiedo a voi: sono davvero troppo avara nella mia scrittura? Dopo aver letto qualcosa di mio, cosa provate?

mercoledì 12 agosto 2015

Dietro le quinte de "1976 - L'urlo dell'Orcolàt" - Gemona del Friuli


Quella che vedete nella foto qui sopra è Gemona del Friuli, piccola cittadella storica ai piedi delle Prealpi Carniche. È stata un importante borgo medievale; a ricordarcelo c'è il suo centro, con i suoi pittoreschi angoli, i sottoportici, il rinascimentale Palazzo Comunale, l'imponente e scenografico Duomo romanico-gotico di Santa Maria Assunta, uno dei monumenti religiosi medievali più importanti della regione Friuli Venezia Giulia e, sul colle a dominare la piccola città, il Castello, da poco completamente ricostruito dopo il sisma del 1976.
È qui che ho ambientato il mio romanzo breve 1976 - L'urlo dell'Orcolàt, perché qui che si sono registrati i danni maggiori e il numero maggiore di vittime a causa del terremoto, ma soprattutto perché è qui che si è vista maggiormente la forza e la determinazione del popolo friulano che si è rimboccato le maniche e ha ricostruito da solo ("di besoi") i palazzi e le case, senza piangersi addosso e riservando le lacrime  per i momenti privati, lontano da occhi estranei, diventando un modello da copiare.