lunedì 19 novembre 2018

IL PRIMO PAIO DI SCARPE DA GINNASTICA


Quando mi è stata proposta la gestione del rifugio non ho esitato minimamente e ho risposto subito di sì. Il modo migliore di conciliare lavoro e passione per la montagna. È stato quasi un sogno. Poter vivere tanti mesi in quota, avere la possibilità di arrampicarmi quasi ogni giorno e godere di un panorama mozzafiato che spazia dalla vetta fino giù a valle, respirare aria fresca e pulita e immergermi nei suoni della natura, che negli anni ho imparato a riconoscere: dal fischio della marmotta al bramito del cervo, fino a distinguere la specie degli uccelli dal loro cinguettio. Sono nata in un piccolo paesino montano e sono cresciuta imparando a conoscere e apprezzare le bellezze di boschi, monti e corsi d’acqua, ma anche a capire quali sono i pericoli insiti in questo ambiente ancora inviolato. Perché la montagna è affascinante, ma se non la conosci è anche molto pericolosa.
Il rifugio è raggiungibile sia a piedi sia con un fuoristrada. A piedi ci sono due sentieri, uno adatto per i camminatori meno esperti, più lento e meno ripido, mentre l’altro è più ripido, ma ti permette una più veloce salita. E poi dal rifugio ci sono diverse escursioni per ogni livello di preparazione.
In questa avventura mi hanno seguito mia mamma e mia sorella: un rifugio tutto al femminile!
Come me, entrambe amanti della montagna, mia mamma si è subito occupata della cucina e con i suoi piatti tipici e le sue torte per viziare gli avventori.
Devo dire che il lavoro è molto gratificante e mi sta dando delle vere soddisfazioni. Ci sono giornate in cui si corre dalla mattina alla sera perché il rifugio è pieno, sia durante la giornata con gli escursionisti di passaggio, sia la sera quando le camere sono tutte occupate. Ci sono, invece, giornate in cui non vedi nessuno e mi posso dedicare a me stessa e alle mie passioni, dalle arrampicate in quota fino alla semplice osservazione della fauna e della flora. Forse le giornate peggiori sono quelle quando piove: non puoi uscire e nessuno anima viva; a volte siamo fortunati quando alcuni clienti, ignari o temerari delle previsioni atmosferiche, si fanno sorprendere dal brutto tempo e rimangono in rifugio, e così ci facciamo compagnia a vicenda.
Una cosa, in particolare, mi ha sorpreso in questo lavoro: l’abbigliamento degli escursionisti. Scioccamente, davo per scontato che i frequentatori della montagna adottassero un abbigliamento consono, non dico attrezzato come un arrampicatore professionista, ma almeno un vestiario comodo e, soprattutto, delle scarpe adatte, magari anche solo un paio di scarpe da ginnastica gli escursionisti, molto valide per i meno esperti che camminano nei sentieri turistici. E invece in rifugio, complice la possibilità di salire anche in fuoristrada, sono arrivati tacchetti, sandali, minigonne e fintanto infradito.
Per me, che ho imparato a conoscere i pericoli della montagna fin da piccola, è fondamentale la sicurezza e sono stata ben felice di partecipare ai corsi di primo soccorso e di guida alpina necessari per avviare l’attività, per cui non posso fare a meno di rimarcare la clientela quando proprio sta esagerando: è solo una questione di buon senso, che sembra mancare.
«Non avrà mica intenzione di andare per sentieri con quelle zeppe?» Ho chiesto una volta ad una signora seduta al tavolone di legno fuori dal rifugio. La donna, dopo avermi fulminata con lo sguardo, mi ha risposto: «Indosso SOLO scarpe con tacco. E poi queste sono più comode di un paio di pantofole!» E poi si è voltata verso il marito in uno scatto di stizza. Probabilmente erano solo snob di città che raggiungevano la quota con il loro SUV ultimo modello, solo per vantarsi poi con gli amici, ignorando completamente che questo non è vivere la montagna. Fatto sta che passata poco più di un’ora, ritornò in rifugio il marito pallido come un lenzuolo candeggiato e agitato come una pallina da flipper. Mi ci vollero alcuni minuti per capire cosa mi stava dicendo: il cellulare non prendeva e non poteva chiamare i soccorritori, la moglie che voleva solo raccogliere un bellissimo fiore blu, era caduta, era svenuta, forse morta, non rispondeva.
Mia sorella ed io ci precipitammo veloci lungo il sentiero turistico. Mi ero portata dietro il telefono satellitare, ma prima di chiamare i soccorsi volevo raggiungere la donna e verificare di persona la situazione. Perché se conoscevo la zona, e la conoscevo bene, la donna non poteva aver fatto una caduta così rovinosa. Con il nostro passo allenato, in un quarto d’ora avevamo raggiunto il punto della caduta, con un marito annaspante alle nostra spalle. Come immaginavo la donna era scivolata un paio di metri lungo il pendio, dopo aver tentato di raccogliere una Genziana. Ovviamente un fiore la cui raccolta è proibita, un’azione che poteva denotare ignoranza delle regole montane o, peggio, sprezzo per le stesse. Per fortuna un piccolo terrazzamento naturale l’aveva fermata. Il grosso del danno glielo avevano procurato le zeppe, perché oltre a un paio di escoriazioni si era slogata in malo modo la caviglia sinistra. Non era rotta, ma si era già gonfiata molto e le faceva sicuramente molto male.
La donna era palesemente sotto choc, ma sembrò subito più sollevata quando ci vide. Mia sorella le offrì una borraccia di acqua fresca e dopo aver sorseggiato, riprese un po’ di colorito e rispose alle nostre domande, anche se a monosillabi.
Non fu difficile recuperarla: non ci fu bisogno di corde, ma bastarono le nostre gambe allenate ed esperte e due paia di braccia per sollevare e sorreggere l’infortunata. Avrebbe potuto scendere il marito, senza creare inutili allarmismi, ma non ne aveva avuto il coraggio. Era proprio per situazioni come questa, che al corso ci avevano insegnato prima di tutto a raggiungere il posto e verificare la situazione di persona, per evitare di far partire uomini ed elicotteri senza una reale emergenza.
Solo dopo aver trascinato la donna fino al sentiero, il marito si avvicinò e si offrì di aiutarci a guidare la moglie fino al rifugio.
Al nostro rientro c’erano ad attenderci clienti curiosi e in pensiero e nostra madre, che in situazioni come questa si preoccupa, oltre che della salute degli escursioni, anche per quello che può succedere alla sue figlie. Mia sorella, scuotendo la testa, riprese la sua postazione in rifugio. Io accompagnai i due al loro SUV e mi raccomandai all’uomo di raggiungere l’ospedale per fare una radiografia alla caviglia della donna. Non mi sembrava rotta, ma in fondo mica sono un medico.
Ecco, quando vedo in montagna scarpette con la soletta liscia, tacchettini o cose simili, racconto sempre l’episodio della signora con le zeppe. La quale, tra l’altro, ritornò in rifugio un paio di settimane dopo per ringraziarci. Con un sorriso un po’ imbarazzato mi disse: «Ha visto cara? Mi sono comprata il mio primo paio di scarpe da ginnastica!» e sollevò la gamba per mostrarmi un bel paio di scarpe nuove di zecca. Decisamente più adatte.

lunedì 12 novembre 2018

Nuova collaborazione con la EtroMirroR Edizioni

Da un po' di tempo sulla copertina del mio libro L'uomo che misurava il tempo campeggia il logo della casa editrice EtroMirroR e a qualcuno potrebbe sorgere spontanea la domanda: «Ma non era un libro auto pubblicato?»
La risposta è sì, lo era e lo è tuttora.
La verità è che si tratta di un progetto completamente nuovo, che non è mai stato sperimentato prima.
La EtroMirroR Edizioni, infatti, ritiene che nel mondo del self ci siano autori e romanzi validi che meritano di essere supportati e di avere una maggiore visibilità presso i lettori. Con questo spirito il mio romanzo è stato (lo dico con un certo orgoglio!) scelto da questa innovativa casa editrice e io ho accettato di buon grado.
Rimango, con questo libro, un'autrice self, ma supportata da una casa editrice e dal suo staff: un ibrido tra editoria tradizionale e l'auto pubblicazione.
Sono entusiasta di provare questa nuova esperienza.
Lo sapete, a me piacciono le novità e cosa c'è di meglio di un progetto mai visto e provato prima?
Non sono ancora certa di come procederà il tutto, ma ho capito che il bello di questo progetto è che non necessariamente debba essere spiegato, ma l'importante è viverlo!
Chissà, magari un domani potò rendermi conto di essere stata parte attiva di una rivoluzione nel campo editoriale!

Per maggiori informazioni vi invito a leggere il sito web della EtroMirroR edizioni.

venerdì 9 novembre 2018

Blog tour “Come un dio immortale” - Intervista acrostica



Ben trovati a tutti!

Oggi ho l’immensa fortuna di avere come un ospite la scrittrice Maria Teresa Steri e il blog tour di presentazione del suo terzo romanzo Come un dio immortale.

Non conosco Maria Teresa di persona, ma ormai sono diversi anni che ci frequentiamo nell’etere ed è l’opposto di me: costante e instancabile, cura regolarmente il suo seguitissimo blog Anima di carta e scrive romanzi lunghi. Ma tranquilli: non dovete in alcun modo intimorirvi davanti al volume del libro, perché Maria Teresa scrive molto bene e i suoi romanzi scorrono che è un piacere e li divorerete in pochi giorni.

Ciò premesso, devo farvi una confessione: oggi sono un po’ emozionata. Mentre io sono già stata ospite nel suo blog e in altri, è la prima volta che ospito qualcuno nel mio. In questi anni ho ricevuto molto, sia in termini di visibilità, sia in consigli e suggerimenti da parte di colleghi scrittori, a cominciare proprio da Maria Teresa, sempre molto gentile e disponile. Sono felice di poter ricambiare e mi piacerebbe che questo post di oggi fosse solo il primo di una lunga serie.
Inoltre, siccome il blog tour del romanzo Come un dio immortale giunge qui dopo numerose altre tappe, dove il libro è stato presentato in molti suoi aspettati e dove molte domande sono state rivolte alla sua autrice, non volendo essere ripetitiva, banale o ridondante ho proposto a Maria Teresa una specie di giochino.
Ho preso il suo cognome è ne ho fatto un acrostico, da cui mi sono ispirata per porle poi alcune domande:
Scrittura
Testo
Esoterismo
Ricerca
Ispirazione

Ma ora bando alle ciance, ho preso sin troppo spazio alla mia ospite.

Scrittura – quando è nata la passione per la scrittura? Qual è il tuo rapporto con la scrittura?
In questo senso sono il solito cliché, visto che amo la scrittura fin da quando ero piccola. Ricordo di aver cominciato scribacchiando una specie di giornalino di casa, poi buttando giù storielle molto brevi. Man mano che crescevo e mi appassionavo alla lettura, è nata sempre più la voglia di creare delle storie più complesse.
Tuttavia, il mio rapporto con la scrittura è sempre stato altalenante, perché ai periodi di scrittura furiosa si alternavano anche fasi di stanchezza creativa e demoralizzazione. Sono ancora oggi alla ricerca di un equilibrio, provando a concentrarmi il più possibile sulla bellezza e la gioia di scrivere e cercando di essere più costante.

Testo – Come un Dio immortale ha 550 pagine, che però si leggono molto velocemente. Quanto tempo ci hai messo per scriverlo? E quando hai sentito che era pronto per la pubblicazione?
Questo romanzo ha avuto una lunghissima gestazione, circa quindici anni, durante i quali ho scritto altre storie. Ogni tanto lo riprendevo in mano e facevo importanti modifiche. Durante l’ultimo anno prima della pubblicazione, sono finalmente riuscita a inquadrare la trama. Da lì il processo della scrittura è stato più lineare. Quando ho scritto gli ultimi capitoli avevo già revisionato molte volte tutto il resto, quindi ero sicura di essere ormai al traguardo. Poco prima della pubblicazione, quando il romanzo era nelle mani dei beta reader, ho avuto la sensazione che fosse arrivato il momento del distacco, di lasciare andare la storia. In questi casi non credo ci siano segnali eclatanti, è un’impressione molto sottile, ma precisa.

Esoterismo – è elemento sostanziale nei tuoi romanzi. Qual è il tuo rapporto con il paranormale? Ci credi, ne sei influenzata o hai il giusto distacco?
La convinzione che esista altro oltre al mondo fisico condiziona inevitabilmente. Però dopo tanti anni in questo campo ho trovato un mio punto di equilibrio, quindi ne sono influenzata ma senza esserne ossessionata. Per scrivere storie condite con il paranormale secondo me serve
necessariamente un po’ di distacco, altrimenti si diventa morbosi e la storia ne risente.

Ricerca – per scrivere Come un Dio immortale quanta ricerca hai fatto e dove (internet, biblioteca, testi accumulati negli anni nella tua biblioteca personale)?
Devo confessare di fidarmi poco di internet per le mie ricerche. O meglio lo uso per piccoli dubbi, questioni spicciole. Ma se si tratta di documentazione vera e propria, di argomenti che costituiscono la base di un romanzo, mi affido ai libri della mia biblioteca personale. Ma anche qui cerco di scegliere con attenzione i testi, perché in campo esoterico si trova tantissima fuffa, tante chiacchiere di persone che non sanno neppure di cosa parlano.
Le ricerche, comunque, sono il pane quotidiano della mia scrittura, anche se poi mi piace elaborare parecchio, abbinandovi elementi di fantasia.

Ispirazione – dove hai preso l’ispirazione per Come un Dio immortale, come è nata la storia?
Lo spunto è nato da un sogno, tanti anni fa, come ho raccontato nel post sulla costruzione della trama ospitato da Serena Bianca De Matteis. Da allora non mi è più capitato di lasciarmi ispirare dai sogni, perlomeno non per un’intera storia, però spesso mi succede di svegliarmi con qualche idea o modifica da fare a ciò che sto scrivendo. Sono convinta che nei sogni la creatività si liberi in un modo meraviglioso.


La trama del romanzo
Aggredito in un parco cittadino, Flavio si risveglia nella baracca di una giovane senzatetto, Lyra. Dopo essersi presa cura di lui per tre giorni, la donna lo manda via in modo brusco.
Tornato a casa, per Flavio nulla è più come prima. Il rapporto con la fidanzata va a rotoli, mentre crescono la passione e l'ossessione per la misteriosa Lyra. Indagando, Flavio apprende che a sei anni è scomparsa da casa senza lasciare tracce. Il suo caso però non è l’unico in città. Negli ultimi vent’anni, altre sei persone sono sparite nel nulla, e tutte erano collegate a un noto scrittore
dell’occulto.
Convinto che Lyra sia scappata da una setta, Flavio è deciso a liberarla dal suo oscuro passato. Ma quando scopre che dietro la sua storia si cela una verità del tutto diversa, comincia a capire di essere anche lui una pedina di un gioco più grande, iniziato cinquant’anni prima. Un gioco che si fa sempre più pericoloso e che lo costringerà a mettere in dubbio tutto ciò che sa della sua vita e della realtà che lo circonda.


Disponibile su Amazon in versione cartacea o ebook: https://www.amazon.it/dp/B076VXT4J1/

GRATIS con Kindle Unlimited

I primi capitoli sono liberamente scaricabili da qui: http://bit.ly/2yEF0Z9