Erano dieci anni che non mettevo piede in
quella casa. Troppo doloroso. Troppi ricordi. Da quando la nonna era morta non
avevo più voluto entrarvi: non ce n’era motivo. Ma quando papà mi comunicò la
sua intenzione di vendere la vecchia casa, qualcosa si ribellò in me. La casa
della nonna era piena di ricordi della mia infanzia e la sua tragica ed
improvvisa morte mi aveva segnato. E ogni volta che pensavo a lei un laccio mi
strizzava il cuore. Mi mancava molto ed avevo evitato di ripercorrere quelle
stanze dove avevo trascorso molti giorni felici durante la mia infanzia. Ma mai
e poi mai avrei permesso a degli estranei di entrarvi e di viverci. Così, con
fermezza, chiesi a mio padre di cedermela per andarci a vivere da sola.
Dopotutto ormai ero grande ed era giunta l’ora di spiccare il volo. Papà dapprima
si meravigliò: gli sembrò strano che volessi vivere proprio in quella casa,
dove per tanti anni mi ero rifiutata di entrare. Ma non si oppose, anzi, sembrò
in qualche modo sollevato. Credo che in fondo dispiacesse anche a lui doverla
vendere. Ma in lui era sempre prevalso il senso pratico della vita, a discapito
delle passioni e dei ricordi, e piuttosto che lasciare una casa chiusa e
disabitata destinata ad un lento, ma inevitabile degrado, preferiva venderla.
Era sicuramente un sollievo per lui darla a sua figlia, che l’amava quanto lui.
E così mi imbarcai in questa fantastica
avventura.
All’inizio si trattò di ripulire tutto
dalla polvere e di rinfrescare ogni stanza. Diedi una mano di tintura in tutte
le stanze, mantenendo il colore bianco originale. Di giorno mi improvvisavo
imbianchina, aiutata dai miei genitori, e di sera, quando mi chiamavano, facevo
la cameriera. Non avevo ancora trovato la mia strada lavorativa. Facevo lavori
saltuari. Dopotutto, mi dicevo, ero ancora giovane e preferivo divertirmi con
gli amici quando potevo. E poi non avevo una vera passione per qualcosa in
particolare. Vivevo, come si suol dire, alla giornata.
Quando fu tutto più pulito e fresco e non
rimaneva che trasferirmi, mi resi conto che quella casa non mi rispecchiava.
Quella era ancora la casa della nonna e non rispondeva alle mi esigenze di
ventenne. Si trattava di rinnovare la casa, ma senza ristrutturarla: non potevo
permettermelo economicamente, né volevo imbarcarmi in lavoro di
ristrutturazione, lunghi, impegnativi e polverosi. Per fortuna le stanze erano
belle ampie da essere comunque versatili e potei disporre gli arredi a
piacimento.
Mi recai in edicola ed acquistai tutte le riviste
che parlavano di case e di arredamento e le studiai attentamente. Poi stesi un
progettino: decisi la destinazione di ogni stanza; come sistemare i mobili
della nonna, quali salvare, magari riciclandoli, e quali eliminare definitivamente;
infine decisi il pattern dei colori da usare per tessuti e oggettistica. Non
cambiai il colore delle pareti: preferivo lasciare il bianco per dare maggiore
luce agli ambienti e giocare con i colori di tessuti ed accessori.
La mia vita cambiò molto. Avevo finalmente
un progetto da seguire e mai come ora mi ero appassionata a qualcosa. In pochi
giorni divenni una vera esperta in arredamento d’interni, grazie anche a
internet. Acquistai tende e cuscini nuovi. Alcuni mobili li ridipinsi, per
alcuni gli cambiai la destinazione. Il salotto fu il mio maggior successo. La vecchia poltrona della nonna, , ancora
in buone condizioni, rifoderata con un bel
tessuto fluo bastava da sola per dare un nuovo aspetto, più giovanile, al
salotto. Gli accostai il vecchio
tavolino un po’ tarlato che teneva al piano di sopra, dopo averlo leggermente
carteggiato e avergli dato una mano di impregnante. Il massimo fu disporre in
un angolo le vecchie valigie trovate in soffitta e destinate alla discarica, impilandole per grandezza decrescente; sopra
ci appesi una composizione di cartine geografiche, acquistate nuove. Per le
altre stanze mi comportai più o meno allo stesso modo, riaccostai mobili
diversi, riciclai il possibile, imparai tecniche fai-da-te, dall’uncinetto al
decoupage.
In poco tempo la vecchia casa della nonna
divenne la mia casa, fresca ed accogliente. Così potei finalmente trasferirmi.
Organizzai una bella cena con i miei genitori e con gli amici, che non
risparmiarono i complimenti per il risultato che avevo ottenuto nella casa, perché
come cuoca lasciavo ancora a desiderare. Ero felice come non mai. In quei pochi
mesi mi ero davvero divertita ed avevo ottenuto proprio un bel risultato. Mi
resi conto che mi sarebbe piaciuto ricominciare mille volte questa esperienza,
che mi aveva coinvolto e dato un’energia nuova, che non avrei mai immaginato di
possedere.
Decisi così di diventare un’arredatrice di
interni, trovando finalmente la mia strada professionale. Volevo diventare una
vera professionista! La migliore!
Non ho ancora capito se papà aveva davvero
deciso di vendere la casa della nonna o se la sua fosse stata solo una provocazione
per aiutarlo a salvarla o se, addirittura, fosse un tentativo per salvare il
mio destino incerto. Sicuramente salvò sia me sia la casa della nonna.