domenica 28 ottobre 2012

Scrive in ordine, di getto o a caso?


Sono ormai diversi anni che mi cimento a scrivere. Per lo più racconti; solo un paio dei quali un po’ più lunghi, da poter essere considerati romanzi brevi.
Il mio metodo è sempre stato quello di immaginare la storia, dall’inizio alla fine, schematizzandone mentalmente la trama. Prima di iniziare a scrivere devo avere in testa il mio racconto ben visualizzato, con un inizio, una fine e nel mezzo tutti gli anelli di congiunzione che collimano alla perfezione. Poi inizio a scrivere: dall’inizio alla fine, in ordine cronologico.
Da un po’ di tempo sto cercando di scrivere qualcosa di più lungo, il cui tema mi sta molto a cuore. La trama di base ce l’ho tutta in testa: l’inizio, gli anelli di congiunzione e il finale. Purtroppo, però, quando mi trovo davanti la pagina bianca qualcosa non funziona. Avrò scritto l’inizio una decina di volte, arenandomi subito nella fase successiva. Mi sono accorta, così, che questo mio metodo non può più funzionare. E allora ho provato a sperimentarne uno nuovo. Siccome ho tutta la vicenda in testa e so cosa succede prima, durante e dopo, mi sono detta che allora so anche cosa succede durante, prima e dopo. Insomma, perché scrivere in ordine? Perché non scrivere prima un avvenimento che succede al centro della storia, per la quale, magari mi sono venute in testa le parole giuste, le immagini più suggestive, l’ispirazione che aspettavo? Insomma, una specie di patchwork di parole.
Mi sono accorta che la cosa può funzionare: non mi fermo più alle prime due pagine, ma scrivo di più e con maggiore libertà. Poi, troverò ben il modo di unire tutti questi pezzi!
Voi che ne dite?

venerdì 19 ottobre 2012

Virilità


<<Metta pure il suo cane sul tavolo.>> Disse con tono piatto il veterinario mentre si lavava le mani al lavandino, sulla parete di fronte alla porta.
<<Mi dica, qual è il problema?>> Chiese voltandosi e guardando per la prima volta il paziente e il suo accompagnatore.
<<Be’… volevo fargli un controllo, per vedere se è tutto a posto…>>
<<Ma come si chiama questa bella bestiolina?>> A Matteo parve quasi che il veterinario si rivolgesse direttamente all’animale, quando nel pronunciare la domanda lo afferrò per il muso, come a pizzicare le guance rubiconde di un bambino paffuto.
<<Attila…>> Rispose con un filo di voce rauca.
<<Quanto tempo ha?>> Il dottore continuava ad accarezzare l’animale, girando attorno al tavolo e ammirandolo in ogni sua parte.
<<Non saprei… io ce l’ho da circa due mesi… L’ho trovato… ho cercato il suo padrone… Non aveva nemmeno il microchip, così me lo sono tenuto.>> Matteo era visibilmente nervoso. Si continuava a toccare i capelli e non riusciva a stare fermo sulle gambe, muovendosi avanti e indietro di un paio di passi.
<<Allora è la prima volta che lo fa visitare?>>
<<Certo che no!>> Rispose franco, per smentire il tono accusatorio del veterinario. <<L’ha già visitato il suo collega e abbiamo anche iniziato la profilassi delle vaccinazioni.>>
<<E allora mi dica: qual è il problema?>>
<<Nessuno! Cioè… voglio sono accertarmi che stia bene…>>
<<Per quel che posso vedere il suo cane è in piena forma. Se non mi dà delle indicazioni lei, non posso approfondire di più la visita.>>
<<Mi sembra un po’, diciamo, tranquillo…>>
<<Cosa intende per tranquillo?>>
Matteo diventò paonazzo.
<<Be’, vede… Non interagisce con altri cani…>>
<<Guardi, gli animali sono come noi: alcuni più socievoli e altri un po’ più riservati.>> Rispose pronto il veterinario continuando ad accarezzare l’animale e rivolgendosi direttamente a lui: <<Sei un timidone?>>
<<Mi capisca… non guarda nemmeno quelli dell’altro sesso! Insomma, non vorrei sia.. be’ ha capito.>> Continuò Matteo paonazzo in volto.
<<Ah! Capisco, capisco.>> Il tono dell’uomo era quasi canzonatorio; fece alzare il cane, lo guardò dietro e gli passò una mano sotto la pancia. Poi con un sorrisetto disse: <<Congratulazioni! Il suo cane è incinta!>>.

mercoledì 3 ottobre 2012

IL COLLOQUIO DI LAVORO


Bernardo fu introdotto dalla padrona di casa nell’ufficio del marito, collocato subito a destra dell’atrio della grande casa.
Non era impressionato dal lusso e dall’austerità dei proprietari, ci aveva già convissuto per vent’anni, sin da ragazzino; era abituato a trattare con persone di quel tipo. Il suo nervosismo nasceva da come si era concluso il suo ultimo rapporto di lavoro. Il suo padrone era stato barbaramente ucciso e per un primo periodo la Polizia lo aveva sospettato. Era stato parecchio tempo bersaglio dei giornalisti e per lungo tempo non aveva nemmeno potuto cercare lavoro. Poi, per fortuna le accuse erano completamente cadute ed era stato trovato un altro capro espiatorio, il nipote dell’uomo, che era risultato senza alcun dubbio il vero colpevole. Per rifarsi una vita aveva cambiato città, ma aveva deciso che avrebbe continuato a fare il maggiordomo per una ricca famiglia. Era quella l’unica cosa che sapeva fare e non voleva perdere vent’anni di esperienza, trovandosi a fare un lavoretto sottopagato, che chiunque poteva fare al posto suo. Lui era un professionista e si meritava di proseguire in quella che dopotutto era stata la sua unica vocazione.
<<Buongiorno. Si accomodi.>> Gli disse con tono secco e deciso il padrone di casa, indicandogli la sedia davanti alla scrivania
<<Ho letto il suo curriculum e mi sembra la persona indicata per il posto da ricoprire. Vorrei solo farle un paio di domande, prima.>> Il signore seduto dall’altro lato del tavolo non alzò nemmeno la testa dai fogli che stava consultando.
Bernardo rispose con un cenno della testa.
<<Noi cerchiamo una persona discreta, che sappia intuire le nostre esigenze, ma che in alcun modo ci giudichi e parli delle nostre faccende personali, soprattutto con persone esterne alla famiglia. Mi auguro che lei sia una persona discreta!>> Puntualizzò l’uomo alzando la testa e guardando Bernardo per la prima volta.
<<Completamente. Sono un professionista. Come ha potuto vedere dal mio curriculum sono vent’anni che faccio il maggiordomo e so qual è il mio posto. Quando avrò passato alcuni giorni in questa famiglia saprà intuire le esigenze di ciascuno.>> Rispose, impassibile, mantenendo una postura ben dritta sulla sedia.
<<Perfetto, mi auguro sia così. Qui non tolleriamo nessun tipo di violazione della nostra privacy. E’ fondamentale.>> Il tono del signore non ammetteva nessuna replica. <<Sembra, da quello che ha scritto qui, che lei non abbia mai vissuto a Genova prima?>>
<<E’ così. Mi sono trasferito da poco. Volevo cambiare città.>> Rispose, tralasciando apposta il motivo del trasferimento.
<<Ha un’aria familiare… Bha! Dopotutto voi maggiordomi vi assomigliate tutti. Sarà quel vestito anonimo… Bene, ora veniamo al dettaglio: mia moglie ha due barboncini francesi… molto viziati tra l’altro… Ci sono problemi?>>
<<Assolutamente no. Li considererò parte della famiglia, signore.>>
<<Ha famiglia?>>
<<No.>>
<<Bene, potrà alloggiare nella dependance, come il precedente maggiordomo. Veniamo alla giornata libera: può scegliere quella che preferisce ad eccezione del mercoledì, solitamente dedicata alla mie cene di lavoro e del sabato: mia moglie ci tiene ad invitare spesso amici…>> proseguì l’uomo, sistemandosi il nodo della cravatta, quasi ad indicare la contrarietà verso quest’ultima frase.
<<Potrebbe benissimo essere il lunedì…>> Accennò Bernardo.
<<Meglio di no: il lunedì incomincia la settimana lavorativa… Non potremmo reggere il peso della casa da soli. Le può andare bene il martedì?>>
<<Certo.>> Accennò un sorriso; era abituato a questo tipo di atteggiamento: “ti faccio credere di decidere tu, ma alla fine devi fare quello che dico io”.
<<Mmm…>> Meditò un attimo il padrone di casa. <<Lei ha davvero un’aria familiare… ma qui non leggo nomi di famiglie che frequentiamo… E’ sicuro di aver riportato tutte le sue esperienze lavorative?>>
<<Tutte!>> Bernardo si sentiva come seduto sulle spine.
<<Quando può iniziare? Avremmo una certa urgenza di ricoprire il posto. Per noi è un inferno non avere un maggiordomo… Lei sembra il candidato giusto.>>
<<Anche subito, signore.>>
<<Magnifico! Può già cominciare domani mattina, dalla colazione! Alle…>> Nel pronunciare tali parole entusiaste l’uomo riprese in mano il curriculum dell’aspirante maggiordomo e ricominciò a sfogliarlo, leggendo ad alta voce: << La contessa De Pariolo, Roma; Il Conte Usolini, Roma ed infine il dott. Marchi, Roma…>>
Un pausa di silenzio e poi:
<<Ma certo il dott. Marchi!>> Sobbalzò sulla sedia l’uomo. <<Il dott. Marchi è stato da assassinato. E’ stato su tutti i giornali! Lo ha ucciso il suo magg…>> Si interruppe, bruscamente. Con voce tremante si rivolse a Bernardo, porgendogli i fogli del curriculum vitae, ma con gli occhi rivolti verso il basso: <<Bene, le faremo sapere… Vaglierò con attenzione la sua ottima, ehm, esperienza… Ho ancora alcuni, ehm, candidati da valutare… Le farò sapere. Non si disturbi, ehm, a chiamare… lo farò io…>> Gli disse spingendolo letteralmente verso l’uscita di casa.