sabato 28 marzo 2020

Ma vivi in una libreria?

Da piccola sognavo di avere una biblioteca in casa, di quelle belle grandi, che occupano un'intera stanza e stracolme di libri. Da grande mi sono comprata una casa e ho ricavato la mia stanza per la biblioteca. Un sogno realizzato! O quasi... In quella stanza, non affatto grande, convivono tutti gli hobby della famiglia, quindi sì scaffali stracolmi di libri, ma anche scrivania con il PC, che prima del corona virus usavo solo io per collegarmi alla rete e per scrivere i miei racconti e romanzi, e anche sala musica dove marito e figlia fanno le prove di violino, e anche, infine, sala giochi, con il pavimento letteralmente invaso da una montagna di giochi. 
A volte questa invasione familiare nel mio sogno un po' mi disturba. Ma sono comunque fortunata, non tutti possono vantarsi di aver realizzato un sogno, anche se in modo un po' strampalato e tutta questa promiscuità un giorno mi mancherà, quando le due Sbilf lasceranno questo tetto. 
Ieri, poi, mia figlia, durante una video-lezione, si è sentita chiedere da un compagno di classe: "Ma tu, vivi in una libreria?" 
E per un attimo mamma e figlia hanno condiviso lo stesso orgoglio. 

sabato 21 marzo 2020

Trasloco

«Allora è vero… partite!?!» Marco si affaccia sullo stipite della porta di ingresso del minuscolo appartamento di Antonio, constatando ancora una volta la sua insana abitudine a lasciare la porta d’ingresso spalancata.
«Mmm, mmm!» Accenna Antonio senza voltarsi. E’ intento a inscatolare le poche cose che quella minuscola sala d’ingresso riesce contenere e che, per le necessità familiari, fungeva fino al giorno prima, contemporaneamente da salotto, da ufficio casalingo e da sala giochi dei bambini. La moglie è ancora al lavoro e lui ha deciso di darle una mano.
«Ma cosa credi di trovare laggiù? Non stareste meglio qui?» Insiste Marco.
«E cosa ci rimaniamo a fare qui? Non abbiamo niente!»
«Perché, laggiù cosa credi di trovare?»
«Abbiamo terre che appartengono alla nostra famiglia da centinaia di anni…»
Marco, nel frattempo, è entrato dentro il piccolo appartamento e si è piazzato davanti all’amico. Gli afferra le mani per farlo stare un attimo fermo. Non riesce ancora a capire cosa lo spinga a lasciare tutto e tutti per un futuro incerto.
«Ma quelle terre sono aride, prive di vita e desertiche. Insomma in vivibili! Lo sanno tutti!»
Antonio solleva la testa con aria di sfida:
«Mi sono informato: qualcuno ci vive ancora. E poi qui è più o meno la stessa cosa. Voglio dire, guarda che vita schifosa abbiamo: lavoriamo per uno stipendio da fame, viviamo in quattro in un appartamento che sarebbe piccolo per una coppia… Insomma, voglio poter offrire qualcosa di diverso ai miei figli. Un futuro migliore… o per lo meno non tragicamente già scritto»
«Lo sai che sono luoghi pericolosi. Potreste anche morire…» Riprese l’amico, con un filo di voce, cercando di scacciare subito quell’immagine dalla testa.
«Già altre persone si sono trasferite e stanno benissimo!» Rispose secco Antonio, alzando improvvisamente la voce.
E’ stufo di quei discorsi.
E’ stufo di quella vita mediocre.
Possibile che proprio il suo migliore amico non riesca a capirlo? Eppure avevano passato decine di serate a bere nel pub del quartiere, lamentandosi di quei ritmi frenetici, del lavoro schifoso e dei pochi soldi, che guadagnavano chiusi tutto il giorno in quel grigio ufficio.
«Come vivrete?»  Gli chiede quindi Marco con un tono misto tra il rassegnato e la sfida. Conosce molto bene il suo amico: quando si mette un’idea in testa è praticamente impossibile fargliela cambiare. È scoraggiato, consapevole che quella, molto probabilmente, sarà l’ultima volta che vedrà il suo amico d’infanzia.
«Te l’ho detto. Laggiù ci sono terre che appartengono alla mia famiglia da generazioni… Le amministreremo… Magari ci pianteremo qualcosa…»
«Ma cos ne sai di agricoltura? Sono terre desertiche e fredde; cosa vuoi coltivarci? Insomma, i nostri avi le hanno abbandonate perché non offrivano più niente ed erano state quasi tutte contaminate…»
<<Sono passati duemila anni. Le terre si sono bonificate. E poi sono sicurissimo che gli ortaggi di adesso si adatteranno facilmente.» Ribatte Antonio con trasporto e gli occhi lucidi per l’eccitazione.
«Lo so che non sarà facile e che all’inizio dovremmo darci molto da fare, ma pensa: torneremo a respirare ossigeno vero e vivremo all’aria aperta! E non vivremo continuamente chiusi in queste strutture che, anche se cercano di riprodurre paesaggi ed ambienti “naturali” sono fasulli! Qui su Marte non è il nostro vero ambiente. Ma pensa che bello: torneremo a vivere sulla Terra!»

domenica 15 marzo 2020

Strumenti indispensabili di scrittura: i dizionari

Per me i dizionari sono ancora strumenti indispensabili nel processo di scrittura. Non perché sia ancorata al passato o perché rifiuti gli strumenti tecnologici. Anzi, quando cerco qualcosa passo sempre prima per internet: più immediato e veloce. Però tante volte succede che quello che trovo non mi soddisfa, perché non sufficientemente approfondito. E così allungo la mano verso la libreria, quella bassa, posizionata strategicamente sotto la finestra accanto alla scrivania, ad afferrare un dizionario.
In particolare, negli ultimi anni, ho riscoperto il "vocabolari riguladot", un dizionario di traduzione di termini carnici, nella variante del comune di Rigolato, con il suo inconfondibile uso della "o" finale e molto più vicino al mio parlato, rispetto al friulano di noti dizionari. Ci sono termini in friulano/carnico dalle sfumature uniche e, ahimè, intraducibili in italiano, che userei molto volentieri nei miei racconti. Come ad esempio "cretea", che letteralmente significa "albeggiare" ma che in sé richiama l'alba in montagna, quando il sole spunta dal "cret", la punta rocciosa del monte. Un'unica parola che evoca un'intera scena, come una diapositiva proiettata sulla parete.

Perché le parole sono magiche!