mercoledì 11 febbraio 2015

La scrittrice abita qui

Una delle mie passioni sono le case. Mi piace sfogliare riviste di settore e guardare programmi di arredamento e di ristrutturazioni e, se ne ho la possibilità, non esito a sbirciare dalle finestre dei miei vicini: non per vedere cosa stiano facendo, ma per vedere com’è arredata la loro casa. Sono una specie di voyeur dell’arredamento. In fondo una casa è un po’ lo specchio dei suoi abitanti, una manifestazione del loro modo di essere, delle loro passioni, della loro vita. Credo che questa mia passione per l’osservazione degli interni non sia molto lontana della mia passione per la scrittura. Anche attraverso la scrittura si osservano le persone, le loro reazioni, i loro sentimenti.
Casa mia, ad esempio, è un po’ rustica e un po’ moderna, in continua trasformazione. Ogni volta che vengono gli amici a trovarci c’è una cosa nuova da guardare: un nuovo mobile, una nuova sistemazione, un nuovo colore, un angolo trasformato.  E poi ci sono libri un po’ ovunque, non sono solo relegati all’interno della biblioteca (seppur piuttosto grande per una normale abitazione di piccole dimensioni). La definizione che amo di più per casa mia è: vissuta. Non c’è niente di statico, spesso in disordine, in continuo divenire; le cose non saranno mai in ordine, ben esposte, come in un museo. Mi piace anche ornarla a seconda delle stagioni e dell’umore. E mi piace pensare di essere un po’ così anch’io: in continua evoluzione, alla ricerca di qualcosa di nuovo e piena di vitalità.

Che ne dite, rispecchia un po’ l'idea che vi siete fatti della scrittrice che c'è in me?

domenica 1 febbraio 2015

Cosa spaventa la scrittrice

Alcuni mesi fa ho iniziato a scrivere un nuovo romanzo. Ci ho dedicato tempo: prima ho pensato alla storia e al suo sviluppo, mi sono immaginata i personaggi principali e le loro relazioni; poi ho fatto ricerche, leggendo alcuni manuali, per verificare se quello che mi accingevo a scrivere fosse coerente; infine ho iniziato a scrivere (la parte più divertente). Ho scritto diverse pagine.
Improvvisamente mio marito mi chiede di cosa stessi scrivendo.
Di solito sono piuttosto restia a parlare di quello che sto scrivendo finché non arrivo quasi alla conclusione: mi capita di cambiare la trama in corso d’opera, perché mi accorgo che le cose non combaciano o perché un personaggio cambia ruolo all’interno della storia o altro (non c’è limite a quello che può avvenire all’interno di un mio scritto finché non è concluso). Di solito, quando mi formulano questa domanda tendo a non rispondere o al massimo rimango molto sul vago. Fatto sta che a mio marito, il mio confidente per eccellenza, ho risposto dicendogli quali fossero le mie intenzioni.
La sua risposta è stata sconfortante quanto la domanda inattesa: «Che storia banale. Sempre la stessa cosa trita e ritrita.»
Ho provato a controbattere, balbettando che non è la storia che deve essere per forza originale è il modo in cui la si espone. Ma da allora non ho più scritto nemmeno una parola di quel romanzo. La mia paura più grande come scrittrice è quella di essere banale e di suscitare noia ed indifferenza nel lettore. Non ho saputo affrontare la sfida di completare il mio romanzo e di dimostrare che una storia banale può essere invece interessantissima perché scritta con toni nuovi e in modo inconsueto. Lo spauracchio della banalità ha avuto il sopravvento.

E a voi, cosa spaventa di più come scrittori?
E a voi lettori, invece, è capitato di leggere una trama già nota, ma scritta così bene da rapirvi e portarvi fino alla fine del romanzo?