domenica 23 dicembre 2018

Dottor ghiaccio

Entrando in casa, M. accese solo la piccola abatjour posata sulla madia d’ingresso, accanto al portaoggetti di cristallo, che usava per riporre le chiavi. Si tolse le scarpe e la giacca che ripose con cura nell’apposito armadio. Poi, con passo leggero, andò a stendersi sul divano bianco che faceva bella mostra di sé al centro dell’openspace.
Il bello del suo appartamento era il completo silenzio che vi regnava.
Era esausto.
E triste.
Quel giorno era morto un suo paziente. Non era il primo e non sarebbe stato l’ultimo.
In ospedale lo chiamavano il Dottor ghiaccio per la sua capacità di rimanere impassibile davanti alla sofferenza dei suoi pazienti e a quella dei loro familiari, sia quando annunciava la fatale diagnosi, sia durante le lunghe e penose terapie, sia quando infine il paziente non ce la faceva e gli toccava comunicarlo ai parenti.
La sua era solo una maschera che aveva indossato sin dal primo giorno. Un medico non poteva certo piangere assieme ai suoi pazienti. Doveva essere invece un punto saldo, una figura solida a cui far riferimento.
Questo era quello che mostrava, ma dentro di sé gli sembrava di avere un leone arrabbiato che voleva uscire e gli lacerava il petto.
Era dicembre. Il mese più difficile in assoluto. Per chiunque. Era il mese della famiglia e degli affetti, ma anche il mese della malinconia. Il mese dove l’assenza delle persone care perse, anche da tempo, riprendeva piede negli animi, squagliando i cuori.
Annunciare ai famigliari che la battaglia intrapresa dall’amato congiunto non era servita a niente era sempre una prova difficile, ma proprio a ridosso del Natale lo era ancora di più, quasi che il dolore dei parenti si raddoppiasse.
Lo sapeva bene lui, che aveva visto impotente morire sua madre proprio il giorno di Natale.
Era ancora piccolo, ma quel giorno cambiò drasticamente la sua vita. Non aveva potuto aiutare la persona alla quale aveva voluto più bene al mondo e aveva deciso che la sua vita l’avrebbe spesa per evitare ad altri di soffrire come aveva sofferto lui.
Si era buttato a capofitto nello studio e si era iscritto a medicina, per poi specializzandosi in oncologia.
Dopo che anche suo padre se ne fu andato, non aveva coltivato altri affetti se non la passione per il suo lavoro. Aveva fatto importanti scoperte e aiutato tanti pazienti, che solo fino a qualche anno prima non avrebbero avuto alcuna speranza, ma purtroppo non riusciva a salvarli tutti.
Erano sempre troppi quelli che non ce la facevano.
Quando però i suoi pazienti guarivano e lo guardavano con occhi rinati e speranzosi, si dimenticava di tutto e sapeva che il paziente di lì a poco avrebbe festeggiato con amici e famigliari quella seconda possibilità.

Si era quasi assopito, quando suonarono al campanello.
Chi poteva essere? Non riceveva ospiti da una vita.
Si ricompose e asciugandosi le guance dalle silenziose lacrime, quasi del tutto seccate, aprì la porta del suo appartamento, senza nemmeno chiedere prima chi fosse.
Davanti si presentò un omino timido, che con reverenziale rispetto si tolse il cappello di feltro, mostrando una testa quasi del tutto calva.
Era un volto noto, ma che M. non riusciva a mettere a fuoco.
«Buona sera dottore.» Disse l’uomo, visibilmente imbarazzato, con un filo di voce. «Ecco, niente, spero solo di non averla disturbata. Solo, che, ecco, non l’avevamo ringraziata per aver salvato la vita a nostra figlia e…».
Ecco chi era il signore davanti all’ingresso di casa sua: il signor R. Lo aveva visto tante volte negli ultimi mesi accompagnare la figlia per una leucemia, che sembrava del tutto regredita.
«Ma guardi, che mi ha ringraziato.» Rispose, quasi più imbarazzato del suo interlocutore, ma ritrovando la sua voce ferma e impostata da Dottor ghiaccio. «E poi mi basta sapere di aver aiutato a guarire il mio paziente.»
Il signor R. gli fece un ampio sorriso.
«Be’ ecco, non so come dirglielo, ma siccome abbiamo saputo dall’infermiera che lei è tutto solo, ecco, saremmo felicissimi di averla a cena stasera con noi per il Veglione, perché non lo avremmo festeggiato se non fosse stato per lei!»
M. rimase senza parole. Doveva indagare subito chi era l’infermiera che si permetteva di parlare della sua vita privata con i pazienti e le avrebbe fatto una bella lavata di capo, di quelle che non si scordano.
«La prego, non si faccia implorare. Davvero, un uomo come lei non dovrebbe passare la Vigilia da solo. Noi non abbiamo altro modo di ringraziarla. Siamo gente semplice. Ma vedrà, passerà una bella serata in compagnia di amici e, chissà, magari le toglieremo un po’ di malinconia.»
M. guardò l’uomo chiedendosi come facesse a sapere del cratere vuoto che gli ammorbava il cuore, ma quando questi con un sorrisetto ammaliante gli fece l’occhiolino, si ricordò che il suo vuoto era molto simile ad ogni altro cuore che si sentiva solo. Non c’era nessuna magia nelle parole del signor R., solo una logica deduzione.
Eppure una magia c’era stata, perché M. accettò l’invito e passò una Vigilia in famiglia, ridendo e sentendosi riempire dentro.
E… forse l’infermiera pettegola si meritava un cestino al posto di una lavata di capo.

lunedì 19 novembre 2018

IL PRIMO PAIO DI SCARPE DA GINNASTICA


Quando mi è stata proposta la gestione del rifugio non ho esitato minimamente e ho risposto subito di sì. Il modo migliore di conciliare lavoro e passione per la montagna. È stato quasi un sogno. Poter vivere tanti mesi in quota, avere la possibilità di arrampicarmi quasi ogni giorno e godere di un panorama mozzafiato che spazia dalla vetta fino giù a valle, respirare aria fresca e pulita e immergermi nei suoni della natura, che negli anni ho imparato a riconoscere: dal fischio della marmotta al bramito del cervo, fino a distinguere la specie degli uccelli dal loro cinguettio. Sono nata in un piccolo paesino montano e sono cresciuta imparando a conoscere e apprezzare le bellezze di boschi, monti e corsi d’acqua, ma anche a capire quali sono i pericoli insiti in questo ambiente ancora inviolato. Perché la montagna è affascinante, ma se non la conosci è anche molto pericolosa.
Il rifugio è raggiungibile sia a piedi sia con un fuoristrada. A piedi ci sono due sentieri, uno adatto per i camminatori meno esperti, più lento e meno ripido, mentre l’altro è più ripido, ma ti permette una più veloce salita. E poi dal rifugio ci sono diverse escursioni per ogni livello di preparazione.
In questa avventura mi hanno seguito mia mamma e mia sorella: un rifugio tutto al femminile!
Come me, entrambe amanti della montagna, mia mamma si è subito occupata della cucina e con i suoi piatti tipici e le sue torte per viziare gli avventori.
Devo dire che il lavoro è molto gratificante e mi sta dando delle vere soddisfazioni. Ci sono giornate in cui si corre dalla mattina alla sera perché il rifugio è pieno, sia durante la giornata con gli escursionisti di passaggio, sia la sera quando le camere sono tutte occupate. Ci sono, invece, giornate in cui non vedi nessuno e mi posso dedicare a me stessa e alle mie passioni, dalle arrampicate in quota fino alla semplice osservazione della fauna e della flora. Forse le giornate peggiori sono quelle quando piove: non puoi uscire e nessuno anima viva; a volte siamo fortunati quando alcuni clienti, ignari o temerari delle previsioni atmosferiche, si fanno sorprendere dal brutto tempo e rimangono in rifugio, e così ci facciamo compagnia a vicenda.
Una cosa, in particolare, mi ha sorpreso in questo lavoro: l’abbigliamento degli escursionisti. Scioccamente, davo per scontato che i frequentatori della montagna adottassero un abbigliamento consono, non dico attrezzato come un arrampicatore professionista, ma almeno un vestiario comodo e, soprattutto, delle scarpe adatte, magari anche solo un paio di scarpe da ginnastica gli escursionisti, molto valide per i meno esperti che camminano nei sentieri turistici. E invece in rifugio, complice la possibilità di salire anche in fuoristrada, sono arrivati tacchetti, sandali, minigonne e fintanto infradito.
Per me, che ho imparato a conoscere i pericoli della montagna fin da piccola, è fondamentale la sicurezza e sono stata ben felice di partecipare ai corsi di primo soccorso e di guida alpina necessari per avviare l’attività, per cui non posso fare a meno di rimarcare la clientela quando proprio sta esagerando: è solo una questione di buon senso, che sembra mancare.
«Non avrà mica intenzione di andare per sentieri con quelle zeppe?» Ho chiesto una volta ad una signora seduta al tavolone di legno fuori dal rifugio. La donna, dopo avermi fulminata con lo sguardo, mi ha risposto: «Indosso SOLO scarpe con tacco. E poi queste sono più comode di un paio di pantofole!» E poi si è voltata verso il marito in uno scatto di stizza. Probabilmente erano solo snob di città che raggiungevano la quota con il loro SUV ultimo modello, solo per vantarsi poi con gli amici, ignorando completamente che questo non è vivere la montagna. Fatto sta che passata poco più di un’ora, ritornò in rifugio il marito pallido come un lenzuolo candeggiato e agitato come una pallina da flipper. Mi ci vollero alcuni minuti per capire cosa mi stava dicendo: il cellulare non prendeva e non poteva chiamare i soccorritori, la moglie che voleva solo raccogliere un bellissimo fiore blu, era caduta, era svenuta, forse morta, non rispondeva.
Mia sorella ed io ci precipitammo veloci lungo il sentiero turistico. Mi ero portata dietro il telefono satellitare, ma prima di chiamare i soccorsi volevo raggiungere la donna e verificare di persona la situazione. Perché se conoscevo la zona, e la conoscevo bene, la donna non poteva aver fatto una caduta così rovinosa. Con il nostro passo allenato, in un quarto d’ora avevamo raggiunto il punto della caduta, con un marito annaspante alle nostra spalle. Come immaginavo la donna era scivolata un paio di metri lungo il pendio, dopo aver tentato di raccogliere una Genziana. Ovviamente un fiore la cui raccolta è proibita, un’azione che poteva denotare ignoranza delle regole montane o, peggio, sprezzo per le stesse. Per fortuna un piccolo terrazzamento naturale l’aveva fermata. Il grosso del danno glielo avevano procurato le zeppe, perché oltre a un paio di escoriazioni si era slogata in malo modo la caviglia sinistra. Non era rotta, ma si era già gonfiata molto e le faceva sicuramente molto male.
La donna era palesemente sotto choc, ma sembrò subito più sollevata quando ci vide. Mia sorella le offrì una borraccia di acqua fresca e dopo aver sorseggiato, riprese un po’ di colorito e rispose alle nostre domande, anche se a monosillabi.
Non fu difficile recuperarla: non ci fu bisogno di corde, ma bastarono le nostre gambe allenate ed esperte e due paia di braccia per sollevare e sorreggere l’infortunata. Avrebbe potuto scendere il marito, senza creare inutili allarmismi, ma non ne aveva avuto il coraggio. Era proprio per situazioni come questa, che al corso ci avevano insegnato prima di tutto a raggiungere il posto e verificare la situazione di persona, per evitare di far partire uomini ed elicotteri senza una reale emergenza.
Solo dopo aver trascinato la donna fino al sentiero, il marito si avvicinò e si offrì di aiutarci a guidare la moglie fino al rifugio.
Al nostro rientro c’erano ad attenderci clienti curiosi e in pensiero e nostra madre, che in situazioni come questa si preoccupa, oltre che della salute degli escursioni, anche per quello che può succedere alla sue figlie. Mia sorella, scuotendo la testa, riprese la sua postazione in rifugio. Io accompagnai i due al loro SUV e mi raccomandai all’uomo di raggiungere l’ospedale per fare una radiografia alla caviglia della donna. Non mi sembrava rotta, ma in fondo mica sono un medico.
Ecco, quando vedo in montagna scarpette con la soletta liscia, tacchettini o cose simili, racconto sempre l’episodio della signora con le zeppe. La quale, tra l’altro, ritornò in rifugio un paio di settimane dopo per ringraziarci. Con un sorriso un po’ imbarazzato mi disse: «Ha visto cara? Mi sono comprata il mio primo paio di scarpe da ginnastica!» e sollevò la gamba per mostrarmi un bel paio di scarpe nuove di zecca. Decisamente più adatte.

lunedì 12 novembre 2018

Nuova collaborazione con la EtroMirroR Edizioni

Da un po' di tempo sulla copertina del mio libro L'uomo che misurava il tempo campeggia il logo della casa editrice EtroMirroR e a qualcuno potrebbe sorgere spontanea la domanda: «Ma non era un libro auto pubblicato?»
La risposta è sì, lo era e lo è tuttora.
La verità è che si tratta di un progetto completamente nuovo, che non è mai stato sperimentato prima.
La EtroMirroR Edizioni, infatti, ritiene che nel mondo del self ci siano autori e romanzi validi che meritano di essere supportati e di avere una maggiore visibilità presso i lettori. Con questo spirito il mio romanzo è stato (lo dico con un certo orgoglio!) scelto da questa innovativa casa editrice e io ho accettato di buon grado.
Rimango, con questo libro, un'autrice self, ma supportata da una casa editrice e dal suo staff: un ibrido tra editoria tradizionale e l'auto pubblicazione.
Sono entusiasta di provare questa nuova esperienza.
Lo sapete, a me piacciono le novità e cosa c'è di meglio di un progetto mai visto e provato prima?
Non sono ancora certa di come procederà il tutto, ma ho capito che il bello di questo progetto è che non necessariamente debba essere spiegato, ma l'importante è viverlo!
Chissà, magari un domani potò rendermi conto di essere stata parte attiva di una rivoluzione nel campo editoriale!

Per maggiori informazioni vi invito a leggere il sito web della EtroMirroR edizioni.

venerdì 9 novembre 2018

Blog tour “Come un dio immortale” - Intervista acrostica



Ben trovati a tutti!

Oggi ho l’immensa fortuna di avere come un ospite la scrittrice Maria Teresa Steri e il blog tour di presentazione del suo terzo romanzo Come un dio immortale.

Non conosco Maria Teresa di persona, ma ormai sono diversi anni che ci frequentiamo nell’etere ed è l’opposto di me: costante e instancabile, cura regolarmente il suo seguitissimo blog Anima di carta e scrive romanzi lunghi. Ma tranquilli: non dovete in alcun modo intimorirvi davanti al volume del libro, perché Maria Teresa scrive molto bene e i suoi romanzi scorrono che è un piacere e li divorerete in pochi giorni.

Ciò premesso, devo farvi una confessione: oggi sono un po’ emozionata. Mentre io sono già stata ospite nel suo blog e in altri, è la prima volta che ospito qualcuno nel mio. In questi anni ho ricevuto molto, sia in termini di visibilità, sia in consigli e suggerimenti da parte di colleghi scrittori, a cominciare proprio da Maria Teresa, sempre molto gentile e disponile. Sono felice di poter ricambiare e mi piacerebbe che questo post di oggi fosse solo il primo di una lunga serie.
Inoltre, siccome il blog tour del romanzo Come un dio immortale giunge qui dopo numerose altre tappe, dove il libro è stato presentato in molti suoi aspettati e dove molte domande sono state rivolte alla sua autrice, non volendo essere ripetitiva, banale o ridondante ho proposto a Maria Teresa una specie di giochino.
Ho preso il suo cognome è ne ho fatto un acrostico, da cui mi sono ispirata per porle poi alcune domande:
Scrittura
Testo
Esoterismo
Ricerca
Ispirazione

Ma ora bando alle ciance, ho preso sin troppo spazio alla mia ospite.

Scrittura – quando è nata la passione per la scrittura? Qual è il tuo rapporto con la scrittura?
In questo senso sono il solito cliché, visto che amo la scrittura fin da quando ero piccola. Ricordo di aver cominciato scribacchiando una specie di giornalino di casa, poi buttando giù storielle molto brevi. Man mano che crescevo e mi appassionavo alla lettura, è nata sempre più la voglia di creare delle storie più complesse.
Tuttavia, il mio rapporto con la scrittura è sempre stato altalenante, perché ai periodi di scrittura furiosa si alternavano anche fasi di stanchezza creativa e demoralizzazione. Sono ancora oggi alla ricerca di un equilibrio, provando a concentrarmi il più possibile sulla bellezza e la gioia di scrivere e cercando di essere più costante.

Testo – Come un Dio immortale ha 550 pagine, che però si leggono molto velocemente. Quanto tempo ci hai messo per scriverlo? E quando hai sentito che era pronto per la pubblicazione?
Questo romanzo ha avuto una lunghissima gestazione, circa quindici anni, durante i quali ho scritto altre storie. Ogni tanto lo riprendevo in mano e facevo importanti modifiche. Durante l’ultimo anno prima della pubblicazione, sono finalmente riuscita a inquadrare la trama. Da lì il processo della scrittura è stato più lineare. Quando ho scritto gli ultimi capitoli avevo già revisionato molte volte tutto il resto, quindi ero sicura di essere ormai al traguardo. Poco prima della pubblicazione, quando il romanzo era nelle mani dei beta reader, ho avuto la sensazione che fosse arrivato il momento del distacco, di lasciare andare la storia. In questi casi non credo ci siano segnali eclatanti, è un’impressione molto sottile, ma precisa.

Esoterismo – è elemento sostanziale nei tuoi romanzi. Qual è il tuo rapporto con il paranormale? Ci credi, ne sei influenzata o hai il giusto distacco?
La convinzione che esista altro oltre al mondo fisico condiziona inevitabilmente. Però dopo tanti anni in questo campo ho trovato un mio punto di equilibrio, quindi ne sono influenzata ma senza esserne ossessionata. Per scrivere storie condite con il paranormale secondo me serve
necessariamente un po’ di distacco, altrimenti si diventa morbosi e la storia ne risente.

Ricerca – per scrivere Come un Dio immortale quanta ricerca hai fatto e dove (internet, biblioteca, testi accumulati negli anni nella tua biblioteca personale)?
Devo confessare di fidarmi poco di internet per le mie ricerche. O meglio lo uso per piccoli dubbi, questioni spicciole. Ma se si tratta di documentazione vera e propria, di argomenti che costituiscono la base di un romanzo, mi affido ai libri della mia biblioteca personale. Ma anche qui cerco di scegliere con attenzione i testi, perché in campo esoterico si trova tantissima fuffa, tante chiacchiere di persone che non sanno neppure di cosa parlano.
Le ricerche, comunque, sono il pane quotidiano della mia scrittura, anche se poi mi piace elaborare parecchio, abbinandovi elementi di fantasia.

Ispirazione – dove hai preso l’ispirazione per Come un Dio immortale, come è nata la storia?
Lo spunto è nato da un sogno, tanti anni fa, come ho raccontato nel post sulla costruzione della trama ospitato da Serena Bianca De Matteis. Da allora non mi è più capitato di lasciarmi ispirare dai sogni, perlomeno non per un’intera storia, però spesso mi succede di svegliarmi con qualche idea o modifica da fare a ciò che sto scrivendo. Sono convinta che nei sogni la creatività si liberi in un modo meraviglioso.


La trama del romanzo
Aggredito in un parco cittadino, Flavio si risveglia nella baracca di una giovane senzatetto, Lyra. Dopo essersi presa cura di lui per tre giorni, la donna lo manda via in modo brusco.
Tornato a casa, per Flavio nulla è più come prima. Il rapporto con la fidanzata va a rotoli, mentre crescono la passione e l'ossessione per la misteriosa Lyra. Indagando, Flavio apprende che a sei anni è scomparsa da casa senza lasciare tracce. Il suo caso però non è l’unico in città. Negli ultimi vent’anni, altre sei persone sono sparite nel nulla, e tutte erano collegate a un noto scrittore
dell’occulto.
Convinto che Lyra sia scappata da una setta, Flavio è deciso a liberarla dal suo oscuro passato. Ma quando scopre che dietro la sua storia si cela una verità del tutto diversa, comincia a capire di essere anche lui una pedina di un gioco più grande, iniziato cinquant’anni prima. Un gioco che si fa sempre più pericoloso e che lo costringerà a mettere in dubbio tutto ciò che sa della sua vita e della realtà che lo circonda.


Disponibile su Amazon in versione cartacea o ebook: https://www.amazon.it/dp/B076VXT4J1/

GRATIS con Kindle Unlimited

I primi capitoli sono liberamente scaricabili da qui: http://bit.ly/2yEF0Z9



venerdì 14 settembre 2018

Di nuovo tra voi


C’è poco da dire: ho decisamente trascurato questo blog preferendo social come Facebook e Instagram più immediati, che ti permettono di condividere più  velocemente contenuti e notizie.

Ma, diciamocelo, forse non danno la stessa completezza e soddisfazione  rispetto al blog.

Ho passato questi mesi cercando di promuovere il mio ultimo romanzo, non nascondo con molta difficoltà. Ho i miei lettori sui quali posso contare, che aspettano con trepidazione di leggere altro, ma è molto difficile riuscire a trovarne di nuovi. Immagino in parte sia dovuto al fatto che il mercato è saturo di offerta e i lettori, si sa, sono sempre pochi; in buona parte, poi, sarà che proprio non so propormi.

Quest’estate sono stata ospite telefonica in una trasmissione radiofonica locale, dove si parla solo in friulano. Una bella puntata, dove si parlava degli orologi Solari, per cui il mio libro si inseriva benissimo. Anche se non molti di voi capiscono il friulano, mi dispiace non riuscire a inserire il podcast in questo post (se qualcuno sa come si fa, non esiti a farsi avanti! ☺).

Ho anche iniziato una collaborazione con Friuli Vimado, guida on-line del Friuli Venezia Giulia. I miei articoli li troverete a questo link. Altrimenti seguite la nuova pagina di questo blog “Collaborazioni”.

E voi, come avete passato l’estate? Avete riposato o, come me, è stata l’occasione per qualcosa di nuovo?

venerdì 27 aprile 2018

Dietro le quinte: la copertina

Ho sempre amato sperimentare e provare cose nove e così quando ho deciso di pubblicare L’uomo che misurava il tempo in self, ho provato a realizzare la copertina del mio libro da sola, per vedere come andava, non scartando a priori la possibilità di rivolgermi a un professionista.
In realtà sono stata fortunata, perché ho trovato l’immagine che da sola faceva la cover ed è stato tutto in discesa!
Per questo lavoro non ho trascurato nulla: oltre ad aver studiato le copertine di altri libri, salvandole in una specie di carnet d’ispirazione, ho letto e mi sono documentata in materia e infine, quando ho trovato l’immagine giusta, per evitare di usarne una già utilizzata, l’ho inserita nel motore di ricerca Tineye.com. Non è una garanzia che l’immagine non sia stata mai usata, ma almeno si ha la certezza che non sia abusata. Capita spesso, infatti (anche in libri pubblicati da editori, sigh!) che due o più libri abbiano la stessa immagine e come lettrice è una cosa che mi da un po’ fastidio.
Devo dire, che il risultato finale non è peggio di copertine realizzate da così detti professionisti. Mi è capitato di vedere davvero cover brutte realizzate da persone che si spacciavano per tali… ma come per ogni mestiere, ci sono quelli bravi e ci sono quelli che farebbero meglio a cambiare lavoro.
Ad ogni modo mi sono così divertita a realizzare la mia copertina, che sto provando a giocare un po’ con le card, sempre de L’uomo che misurava il tempo.





Preciso che nel pc tengo un file contenente un po’ di nomi di grafici il cui lavoro mi piace.
Ve l’ho detto: non scarto la possibilità di rivolgermi a qualcuno che davvero sa quello che fa, perché non è detto che con il prossimo libro riesca a realizzarmi la cover da sola.

mercoledì 11 aprile 2018

Scrittori: collaboratori o eterni nemici?

Leggendo le discussioni tra i vari gruppi letterari, in particolare su facebook (social a cui, da un po’ di tempo, partecipo piuttosto attivamente), sembra che noi scrittori siamo esseri arroganti, presuntuosi ed egocentrici, sempre pronti a farci le scarpe l’un l’altro. Insomma dei lupi famelici.
La mia esperienza personale, invece, è davvero l’opposto. Sarà che non sono nessuno e che vendo pochissime copie, per cui non faccio paura a nessuno, ma posso dirvi che in questi ultimi anni ho trovato molti colleghi disposti a collaborare e a darmi preziosi consigli e suggerimenti, sia per quanto riguarda la scrittura sia per la tanto faticosa promozione. Alcuni di loro si sono proposti di ospitarmi sul loro blog o sulla propria pagina autore.
Qualcuno potrebbe obiettare che così facendo attirano potenziali lettori, quelli che seguono me e non loro, ma credo sia proprio questo lo spirito di collaborazione che dovrebbe muovere noi scrittori. I lettori non sono solo miei o solo tuoi: un lettore è per tutti. Quindi io ospito a casa mia uno scrittore nuovo per i miei lettori e i seguaci di quello stesso scrittore conosceranno me, una scrittrice a loro ignota. Alla fine ci guadagnano tutti: il lettore in primis, che è sempre alla ricerca di penne e storie nuove, e tutti gli scrittori coinvolti.
Diversamente, credo che autori che parlano male di altri scrittori e che sono sempre pronti ad additare imperfezioni dei propri colleghi, oltre a dimostrare scarsa intelligenza, non fanno che allontanare non solo potenziali lettori, ma anche i propri. Nessuno ha voglia di addentrarsi in battaglie altrui e avvelenarsi il sangue per le invidie di altri, tanto meno il lettore che nei libri cerca belle storie, suggestive atmosfere e, soprattutto, evasione.

E voi come la pensate?
Come lettori, avete mai risentito di liti tra scrittori?
Come scrittori avete notato, subìto, fomentato questo clima battagliero e di invidia, o piuttosto, come me, siete stati fortunati e avviato collaborazioni proficue con altri colleghi?

sabato 7 aprile 2018

Card promozionali

Tempo fa in un post di Maria Teresa Steri avevo espresso le mie perplessità sulle card promozionali. Un pensiero del tutto personale, puramente calato sulla mia reazione davanti a queste immagini-cartolina. Salvo rare eccezioni, mi hanno sempre dato l’impressione di abusatissimi aforismi, tipo pensierini da cioccolatino, risaltati da un’immagine. Ma nel contempo sono una persona fondamentalmente curiosa, che ama sperimentare e provare cose nuove e così ieri, un po’ per disperazione e in cerca di idee nuove per sponsorizzare il mio nuovo romanzo, un po’ per noia in una giornata non così oberata di impegni e incombenze come di consueto (ma da quanto non mi succedeva di avere un’ora libera?), ho provato a realizzare una card. Ho selezionato una frase dal primo capitolo e poi ho cercato un’immagine coerente (gratuita, sfruttando l’opzione di Google: Strumenti > Diritto di utilizzo >  Contrassegnate per essere utilizzate); poi ho un po’ giocato con gli elementi di grafica. Nulla di impegnativo, solo aggiunto il testo, scegliendo il carattere che mi sembrava migliore, e incollato in un angolo la copertina del libro, tanto per togliermi ogni dubbio sull’effetto “pensierino da cioccolatino”.
Il risultato finale ce l’avete sotto gli occhi.
Devo dire che la reazione degli utenti facebook, dove ho postato la card, è stata positiva: le persone che non mi conoscono direttamente si sono dimostrate molto più interessate dalla card che non da tutti gli altri post di promozione che riportavano solo la copertina del libro.
A voi come sembra?
Qual è la vostra esperienza in merito? Anche voi usate card e simili?


domenica 25 marzo 2018

Vale davvero la pena di partecipare a concorsi letterari?

Tempo fa ho partecipato ad un concorso letterario, gratuito, che prevedeva, per i racconti vincitori, la pubblicazione in un’antologia, con evento di presentazione del volume in un luogo della mia regione. La casa editrice mi sembrava seria: tra i loro scrittori c’è una persona che stimo molto e che lotta contro l’editoria a pagamento. 
Alla scadenza del termine per l’invio dei racconti, l’editore informa che avrebbe prorogato il termine per dare maggiore possibilità ad altri autori interessati. Tra le righe ho letto: poca partecipazione, speriamo che partecipi ancora qualcuno.
Dopo pochi giorni dalla seconda scadenza, ricevo una mail fredda e anonima, che mi informava che il mio racconto è stato selezionato per far parte dell’antologia e, oltre ad avvisarmi che non avevano ancora deciso dove e quando si sarebbe tenuta la presentazione del volume, mi chiedevano quante copie volessi ordinare, dandomi solo due giorni per accettare e firmare la liberatoria.
Per carità, nessun obbligo di acquisto, però a questo punto mi si sono attivate le antenne.
Non ho risposto alla mail indecisa se chiedere ulteriori chiarimenti o... alla fine i due giorni sono passati in fretta.
Ricevo quindi un’altra mail, sempre fredda e anonima, che mi sollecitava la liberatoria, nonché il numero di copie che desideravo.
A questo punto ho accantonato definitivamente l’idea di rispondere.
In fondo avevo partecipato al concorso, non tanto per “fare curriculum”, ma per avere un po’ di visibilità al di fuori della mia area d’azione. Ma, vista la brama di vendermi copie, è ovvio che il libro non avrebbe avuto alcuna diffusione, se non tra gli autori partecipanti al concorso (e a questo punto mi chiedo anche se ci sia stata una selezione dei racconti). E allora perché regalare un mio racconto a un editore la cui unica finalità è lucrarci sopra senza nemmeno provare a fare il suo mestiere e senza darmi nulla in cambio?
Ovviamente poi ho fatto i compiti e ho scoperto che, uno, i libri nati da questo ciclo di concorsi sono in vendita solo sul sito dell’editore, ma non in altri store on line (dove ci sono però in bella mostra altri suoi volumi) e due, che si tratta di un editore a doppio binario (se avevo ancora dubbi).
Se devo regalare un racconto, lo regalo ai miei lettori!
Anzi, credo proprio che lo farò.
Vi terrò aggiornati.

lunedì 19 febbraio 2018

Questione di ego

Ego ego delle mie brame, chi è lo scrittore più egocentrico del reame?
Ho sempre amato scrivere e penso che continuerò a farlo, con o senza lettori al seguito. La notorietà, mi sono sempre detta, arriva da sola, senza cercarla. Basta scrivere una storia bella e appassionante e lasciare fare ai lettori e al passa parola. Io stessa sono una lettrice e so come funziona. Qualcuno parla bene di un libro, magari più di qualcuno, ne senti parlare un po’ ovunque, ti incuriosisci, lo cerchi e lo leggi. Non sempre sei d’accordo con il consiglio ricevuto, ma molte volte sì. Altri libri, invece li leggi perché ti chiamano in libreria. Sì, avete capito bene. Sono fermamente convinta che siano i libri a scegliere il lettore e non il contrario. Come mai, infatti, quando sei in una libreria prendi in mano solo alcuni volumi e non altri? Come mai quel libro attrae la tua curiosità e non altri? Non credo sia solo questione di copertina e titolo, perché tante volte sono tutti omologati e simili tra loro. Forse la quarta di copertina? Anche, ma non solo, perché mica leggiamo tutte le trame di tutti i libri prima di scegliere quale portare in cassa, giusto? Perché leggiamo la quarta di quel libro e non di quello che gli è subito a fianco?
Ma sto divagando… stavo parlando da scrittrice e non da lettrice…
A volte, devo ammettere, mi prende un moto di ribellione a questa lunga attesa. Sì, il mio ego bussa alla porta e mi dice: quelli che hanno letto qualcosa di tuo, poi continuano a leggerti, aspettano nuove uscite e ti fanno anche i complimenti a voce, per mail, via messaggio…, e allora perché non riesci ad avere più lettori di così? Ci sono nomi che hanno avuto successo che non scrivono certo meglio di te, a volte anzi hanno scritto storie banali, eppure hanno un seguito ben nutrito, perché tu no? Muoviti, datti da fare, fai circolare il tuo nome e i tuoi libri!
E in questi momenti mi prende una certa agitazione. Mi chiedo se davvero sto facendo il possibile per emergere, per farmi notare. Certo che no, è la risposta immediata. E allora mi metto in moto alla ricerca di un modo per farmi notare, per trovare nuovi lettori. Mi manca un piano marketing, di sicuro, ma come farlo? Studiare anche quello, togliere ancora tempo ed energia alla mia vera passione? Navigo su internet alla ricerca della formula magica, che ovviamente non esiste.
Osservo cosa fanno colleghi attorno a me e mi chiedo: davvero tallonare i propri lettori per ottenere recensioni o spammare il proprio libro a destra e a manca si ottiene più visibilità? A qualcuno questo comportamento forse ha portato a qualche risultato, ma ho come la sensazione che questa non sia la strada giusta, non per me almeno: forse ti fai notare, ma in modo negativo… ci vuole il giusto limite e quello che mi sentivo di fare l’ho fatto, anche se non ha portato a grandi risultati.

Preferisco rimanere nell’ombra e scrivere solo per qualcuno, piuttosto che sentirmi una disperata in cerca di conferme. Nonostante l’ego. Che poi si sa non ne ha mai abbastanza.

domenica 28 gennaio 2018

Perché ho scelto il self

A breve uscirà il mio terzo romanzo dal titolo L’uomo che misurava il tempo. Per lui ho scelto la strada del selfpublishing, e vi garantisco che non è stata una scelta facile, né come decisione da prendere, né come via di pubblicazione.
Per molti infatti il self è una scorciatoia per quegli autori che non hanno trovato un editore. Ovviamente non posso parlare per gli altri né per la massa in generale. Nel mio caso non è stato questo a spingermi a pubblicare in self. Ho già pubblicato con un editore e… sì, è stato proprio questo a spingermi al self. Non ho molto da lamentarmi del mio precedente editore, i termini contrattuali sono stati rispettati e ho avuto come interlocutore una brava persona, aperta al dialogo e disponibile. Ma era un piccolo editore e con tutta la buona volontà i suoi innumerevoli sforzi in termini di promozione, nel mio caso, non hanno portato molto lontano. L’editore mi ha reso partecipe dei suoi sforzi: ha partecipato a fiere, più o meno importanti, con i suoi costi (sia monetari, sia in termini di energie); ha inviato newsletter alle librerie, senza aver mai ricevuto un cenno di lettura; ha inviato copie omaggio alle Amministrazioni comunali dove è ambientata la vicenda, senza ottenere nemmeno in cambio un “grazie, lo metteremo nella biblioteca a disposizione degli utenti”, figuriamoci ottenere la possibilità di presentare il libro; ha scritto ai quotidiani locali chiedendo l’abbinamento del volume in occasione del 40° anniversario del terremoto in Friuli, senza ricevere alcun cenno di risposta. Inoltre un piccolo editore ha grosse difficoltà di distribuzione e il mio libro non era fisicamente presente nelle librerie. Molte persone mi chiedevano dove potevano trovare il libro e storcevano il naso quando dicevo di prenderlo on line (sito dell’editore o store), preferendo acquistarlo subito rivolgendosi a me.
Il novantanove per cento delle vendite e tutte le (poche) presentazioni fatte le ho ottenute con sforzo personale, promuovendomi da sola sui social e conoscendo e contattando direttamente le persone. I libri sono arrivati in qualche libreria perché sono andata con le mie copie e le ho lasciate lì in conto vendita.
Tanto sforzo per prendere davvero due spiccioli di diritto d’autore. La domanda è sorta praticamente spontanea: perché devo sforzarmi tanto, perdere tempo ed energie per far guadagnare qualcun altro? Perché non ottenere il massimo da questo mio sforzo?
Ecco la decisione.
E vi garantisco non è una scelta facile. Ti assalgono mille dubbi, hai paura di comprometterti, di sbagliare. Non sai bene come muoverti: formati, copertine, revisioni, ecc.
Sono mesi che studio e mi informo. Per fortuna ho conosciuto persone disponibili che mi hanno dato ottimi consigli.
Per prima cosa ho provato sperimentando il self rieditando un testo già pubblicato e fuori catalogo (Il valore di un libro,ndr.), un testo già corretto e per il quale avevo già avuto dei feedbach positivi. Ho guadagnato più vendendo dieci copie di questa riedizione self (i miei lettori affezionati lo avevano già acquistato) che non con duecento con un editore.
Ma un romanzo nuovo nuovo è tutta un'altra cosa. Non hai certezze, né una base da cui prendere spunto.
Per il nuovo romanzo ho pagato un editor professionista per avere un prodotto di qualità.
Per la copertina, invece, ho fatto da sola. Ho visto e studiato le cover di professionisti che si fanno pagare profumatamente, realizzate con foto acquisite gratuitamente on line e ritoccate si e no con un paio di filtri, corredate dal giusto font per titolo e nome dell’autore. Ho quindi scelto, in questo caso, la via del risparmio, perché in fondo smanettando un po’ mi sembra di aver raggiunto un risultato soddisfacente. Uso il condizionale, perché a me piace e anche agli amici a cui l’ho mostrato, ma ovviamente saranno i lettori finali a decidere (sperando di non farli scappare, ma di attirarli verso il libro).
Ho fatto bene a scegliere il self? Lo saprò solo tra qualche mese, quando potrò vedere l’andamento delle vendite e avrò sentito le reazioni dei miei lettori.
Intanto incrocio le dita, perché davvero con questo progetto mi sto mettendo in gioco. E parecchio.

mercoledì 3 gennaio 2018

2017: un anno di libri

Se non fosse per il tradizionale post riassuntivo delle mie letture annuali, cancellerei dalla memoria il 2017. Non voglio tediarvi con i miei problemi; non l'ho mai fatto e non inizierò ora, ma sono davvero felice sia finito. È stato davvero un anno difficile e ne hanno risentito anche le letture.

Ciò premesso ecco di seguito l'elenco delle mie (poche) letture 2017:
1) Le donne erediteranno la terra, Aldo Cazzullo;
2) I nonni dicevano, Enrico Bossignana;
3) Esercizi di stile, Raymond Queneau;
4) L'imbròi e la capelo, Omar Bitussi;
5) Il club Dumas, Arturo Péres-Reverte;
6) La notte che il Friuli andò giù, AA.VV.;
7) Antologia "Per le antiche vie", AA.VV;
8) Ci rivediamo lassù, Pierre Lemaitre;
9) Racconti umoristici, Edgar Allan Poe;
10) Il condominio degli amori segreti, Livia Ottomani;
11) Strano mestiere, Suria Poletti;
12) La vita per principianti, Slawomir Mrozek;
13) Scrivere zen - Manuale di scrittura creativa, Natalie Goldberg;
14) Hunger Games, Suzanne Collins;
15) L'amore è una sorpresa, Maria Cristina Sferra;
16) Il gioco delle Gioconde, Francesco Giuseppe Colombo;
17) Cos'è una ragazza, Alain De Botton;
18) Uno scomodo cappotto di legno, Simone Dellera;
19) Non ditelo allo scrittore, Alice Basso;
20) Caro scrittore in erba..., Gianluca Mercadante;
21) Immagina di essere in guerra, Janne Teller;
22) Il puzzle di Dio, Laura Costantini e Loredana Falcone;
23) La trilogia di Fàuz - La leggenda delle "mosche bianche" e alla ricerca di Fàuz, Eleonora Antonini;
24) L'ultimo giro di valzer, Morena Fanti e Marco Freccero;
25) Il segreto di Parigi, Karen Swan;
26) Avventure di piccole terre, Ambrogio Borsani;
27) La ghostwriter di Babbo Natale, Alice Basso;
28) Amori e pregiudizi nella libreria dei cuori solitari, Annie Darling;
29) Misfatto in biblioteca, Antonella Rogondino;
30) La collezionista di libri proibiti, Cinzia Giorgio.

Come potete vedere ho spaziato molto nei vari generi letterari, senza pormi limiti; ho cercato di prediligere scrittori italiani, lasciando spazio anche a esordienti, emergenti e self.
Ci sono state diverse delusioni, letture piacevoli, alcune conferme.

A voi cosa sembra il mio elenco? Avete condiviso alcune delle mie letture?
Sono curiosa di sapere cosa avete letto e quali generi avete scelto.