sabato 21 marzo 2020

Trasloco

«Allora è vero… partite!?!» Marco si affaccia sullo stipite della porta di ingresso del minuscolo appartamento di Antonio, constatando ancora una volta la sua insana abitudine a lasciare la porta d’ingresso spalancata.
«Mmm, mmm!» Accenna Antonio senza voltarsi. E’ intento a inscatolare le poche cose che quella minuscola sala d’ingresso riesce contenere e che, per le necessità familiari, fungeva fino al giorno prima, contemporaneamente da salotto, da ufficio casalingo e da sala giochi dei bambini. La moglie è ancora al lavoro e lui ha deciso di darle una mano.
«Ma cosa credi di trovare laggiù? Non stareste meglio qui?» Insiste Marco.
«E cosa ci rimaniamo a fare qui? Non abbiamo niente!»
«Perché, laggiù cosa credi di trovare?»
«Abbiamo terre che appartengono alla nostra famiglia da centinaia di anni…»
Marco, nel frattempo, è entrato dentro il piccolo appartamento e si è piazzato davanti all’amico. Gli afferra le mani per farlo stare un attimo fermo. Non riesce ancora a capire cosa lo spinga a lasciare tutto e tutti per un futuro incerto.
«Ma quelle terre sono aride, prive di vita e desertiche. Insomma in vivibili! Lo sanno tutti!»
Antonio solleva la testa con aria di sfida:
«Mi sono informato: qualcuno ci vive ancora. E poi qui è più o meno la stessa cosa. Voglio dire, guarda che vita schifosa abbiamo: lavoriamo per uno stipendio da fame, viviamo in quattro in un appartamento che sarebbe piccolo per una coppia… Insomma, voglio poter offrire qualcosa di diverso ai miei figli. Un futuro migliore… o per lo meno non tragicamente già scritto»
«Lo sai che sono luoghi pericolosi. Potreste anche morire…» Riprese l’amico, con un filo di voce, cercando di scacciare subito quell’immagine dalla testa.
«Già altre persone si sono trasferite e stanno benissimo!» Rispose secco Antonio, alzando improvvisamente la voce.
E’ stufo di quei discorsi.
E’ stufo di quella vita mediocre.
Possibile che proprio il suo migliore amico non riesca a capirlo? Eppure avevano passato decine di serate a bere nel pub del quartiere, lamentandosi di quei ritmi frenetici, del lavoro schifoso e dei pochi soldi, che guadagnavano chiusi tutto il giorno in quel grigio ufficio.
«Come vivrete?»  Gli chiede quindi Marco con un tono misto tra il rassegnato e la sfida. Conosce molto bene il suo amico: quando si mette un’idea in testa è praticamente impossibile fargliela cambiare. È scoraggiato, consapevole che quella, molto probabilmente, sarà l’ultima volta che vedrà il suo amico d’infanzia.
«Te l’ho detto. Laggiù ci sono terre che appartengono alla mia famiglia da generazioni… Le amministreremo… Magari ci pianteremo qualcosa…»
«Ma cos ne sai di agricoltura? Sono terre desertiche e fredde; cosa vuoi coltivarci? Insomma, i nostri avi le hanno abbandonate perché non offrivano più niente ed erano state quasi tutte contaminate…»
<<Sono passati duemila anni. Le terre si sono bonificate. E poi sono sicurissimo che gli ortaggi di adesso si adatteranno facilmente.» Ribatte Antonio con trasporto e gli occhi lucidi per l’eccitazione.
«Lo so che non sarà facile e che all’inizio dovremmo darci molto da fare, ma pensa: torneremo a respirare ossigeno vero e vivremo all’aria aperta! E non vivremo continuamente chiusi in queste strutture che, anche se cercano di riprodurre paesaggi ed ambienti “naturali” sono fasulli! Qui su Marte non è il nostro vero ambiente. Ma pensa che bello: torneremo a vivere sulla Terra!»

Nessun commento:

Posta un commento