A
breve uscirà il mio terzo romanzo dal titolo L’uomo che misurava il tempo.
Per lui ho scelto la strada del selfpublishing, e vi garantisco che non è stata
una scelta facile, né come decisione da prendere, né come via di pubblicazione.
Per
molti infatti il self è una scorciatoia per quegli autori che non hanno trovato
un editore. Ovviamente non posso parlare per gli altri né per la massa in
generale. Nel mio caso non è stato questo a spingermi a pubblicare in self. Ho
già pubblicato con un editore e… sì, è stato proprio questo a spingermi al
self. Non ho molto da lamentarmi del mio precedente editore, i termini
contrattuali sono stati rispettati e ho avuto come interlocutore una brava
persona, aperta al dialogo e disponibile. Ma era un piccolo editore e con tutta
la buona volontà i suoi innumerevoli sforzi in termini di promozione, nel mio
caso, non hanno portato molto lontano. L’editore mi ha reso partecipe dei suoi
sforzi: ha partecipato a fiere, più o meno importanti, con i suoi costi (sia
monetari, sia in termini di energie); ha inviato newsletter alle librerie, senza
aver mai ricevuto un cenno di lettura; ha inviato copie omaggio alle
Amministrazioni comunali dove è ambientata la vicenda, senza ottenere nemmeno
in cambio un “grazie, lo metteremo nella biblioteca a disposizione degli
utenti”, figuriamoci ottenere la possibilità di presentare il libro; ha scritto
ai quotidiani locali chiedendo l’abbinamento del volume in occasione del 40°
anniversario del terremoto in Friuli, senza ricevere alcun cenno di risposta. Inoltre un piccolo editore ha grosse
difficoltà di distribuzione e il mio libro non era fisicamente presente nelle
librerie. Molte persone mi chiedevano dove potevano trovare il libro e storcevano il naso quando dicevo di prenderlo on line (sito dell’editore o
store), preferendo acquistarlo subito rivolgendosi a me.
Il
novantanove per cento delle vendite e tutte le (poche) presentazioni fatte le
ho ottenute con sforzo personale, promuovendomi da sola sui social e conoscendo
e contattando direttamente le persone. I libri sono arrivati in qualche
libreria perché sono andata con le mie copie e le ho lasciate lì in conto
vendita.
Tanto
sforzo per prendere davvero due spiccioli di diritto d’autore. La domanda è
sorta praticamente spontanea: perché devo sforzarmi tanto, perdere tempo ed
energie per far guadagnare qualcun altro? Perché non ottenere il massimo da
questo mio sforzo?
Ecco
la decisione.
E
vi garantisco non è una scelta facile. Ti assalgono mille dubbi, hai paura di
comprometterti, di sbagliare. Non sai bene come muoverti: formati, copertine,
revisioni, ecc.
Sono
mesi che studio e mi informo. Per fortuna ho conosciuto persone disponibili che mi hanno
dato ottimi consigli.
Per prima cosa ho provato sperimentando il self rieditando un testo già pubblicato e fuori catalogo (Il valore di un libro,ndr.), un testo già corretto e per il quale avevo già avuto dei feedbach positivi. Ho guadagnato più vendendo dieci copie di questa riedizione self (i miei lettori affezionati lo avevano già acquistato) che non con duecento con un editore.
Ma un romanzo nuovo nuovo è tutta un'altra cosa. Non hai certezze, né una base da cui prendere spunto.
Per
il nuovo romanzo ho pagato un editor professionista per avere un prodotto di
qualità.
Per
la copertina, invece, ho fatto da sola. Ho visto e studiato le cover di
professionisti che si fanno pagare profumatamente, realizzate con foto acquisite
gratuitamente on line e ritoccate si e no con un paio di filtri, corredate dal giusto font per titolo e nome dell’autore. Ho quindi scelto, in questo caso, la
via del risparmio, perché in fondo smanettando un po’ mi sembra di aver
raggiunto un risultato soddisfacente. Uso il condizionale, perché a me piace e
anche agli amici a cui l’ho mostrato, ma ovviamente saranno i lettori finali a
decidere (sperando di non farli scappare, ma di attirarli verso il libro).
Ho
fatto bene a scegliere il self? Lo saprò solo tra qualche mese, quando potrò vedere l’andamento delle vendite e avrò sentito le reazioni dei miei lettori.
Intanto incrocio le dita, perché davvero con questo
progetto mi sto mettendo in gioco. E parecchio.
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