mercoledì 14 settembre 2016

JOHN RYDE

John Ryde era il fotografo ufficiale della polizia. Il suo compito era scattare fotografie sulle scene dei delitti e la cosa non sembrava disturbarlo molto. Anzi, era il miglior fotografo in circolazione, tanta era la dedizione che metteva nel suo lavoro. Non tralasciava alcun dettaglio, nemmeno il più macabro. Era saltato agli onori della cronaca quando aveva iniziato a vendere le sue fotografie alla rivista Horror Newsweek. Fu uno scandalo. Subito si aprì un’inchiesta e John Ryde fu sospeso. Ma presto fu richiamato, perché il nuovo fotografo non reggeva davanti alle scene da film horror e le sue fotografie era mosse, sgranate e non documentavano nel dettaglio le scene di omicidio.
Bisogna dire che alcuni assassini sono degni di certi film da venerdì 13!
Fu quindi tollerata la doppia professione di John Ryde e presto anche alcuni giornali “non di settore” iniziarono a richiedere i suoi servigi. Riscoppiò lo scandalo. Per mesi non si parlò d’altro. Era o non era giusto, in nome della documentazione giornalistica, pubblicare quelle foto così crude? Presto si aprirono dibattiti nei talk show: chi era a favore di una reale completa documentazione in nome dell’informazione, chi contrario declamando la necessità di tutelare gli animi più sensibili da immagini che toglievano il sonno e alimentavano gli incubi. In attesa che la politica facesse il suo corso e prendesse una decisione, la scelta fu lasciata alle teste giornalistiche: chi pubblicava le foto, chi preferiva di no.
Da oggi la polemica si placherà, perché John Ryde è stato trovato morto a casa sua. Il suo corpo è stato aperto dal collo fino all’inguine da una lama affilata. La scena a cui la polizia prima, e noi dopo, abbiamo assistito è quello di un macello. Organi in vista e sangue da ogni parte. Da una prima ricostruzione del coroner, Ryde era vivo al momento dell’aggressione ed è morto dissanguato.
Noi, fedeli alla nostra linea editoriale, non pubblicheremo la sua foto, come non abbiamo pubblicato le foto scattate prima dalla vittima. Anche perché, questa volta, non c’era nessun fotografo degno di questo compito.


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