martedì 12 maggio 2015

L'ultima tela

Max è davanti alla tela bianca in attesa dell’ispirazione. Sono due ore che è lì immobile.
Non un’idea, non un pensiero, non un accenno.
Nulla.
Solo l’insuccesso della sua ultima mostra.
Tiepida partecipazione di pubblico. Pessima recensione sui giornali. Poche vendite.
Lo hanno accusato di aver perso la passione, quel tocco che lo distingueva. E ora è qui davanti alla tela e l’unica cosa a cui riesce a pensare è che forse hanno ragione. Forse ha davvero perso la sua creatività.
Quel tale sul giornale ha persino insinuato che la causa di questa sua “piattezza e assenza di stile”, testuali parole, è dovuto al fatto che ora che è diventato ricco non ha più alcun stimolo che lo spinga a dipingere, perché non ha più bisogno di creare per guadagnare. Ma quale ricchezza, al massimo un po’ di notorietà.
Mai prima di oggi è stato senza una seppur minima idea. Di solito inizia a dipingere da un piccolo spunto: un oggetto, un colore, un’emozione. Una volta ha dipinto un’intera collezione dopo aver visto una fotografia su un giornale.
Forse ha ragione quel giornalista, ormai ha perso la sua musa, qualunque cosa essa sia stata.
Non dipingerà più nulla in vita sua, nulla di decente.
Quel senso di struggimento, che lo ha colto la sera prima, lo sta abbandonando piano piano, per lasciare posto ad una rabbia che nasce dal più profondo della sua anima. Sente la collera salirgli dalle viscere. Sente l’ira aumentare d’intensità e avvolgerlo così stretto da sentirsene quasi soffocare.
Impensabile non dipingere. Meglio la morte.
Le mani iniziano a tremare, poi anche il labbro inferiore vibra e infine la vista si offusca, gli occhi si riempiono di lacrime.
Deve reagire. Nessuno può dirgli che non sa più dipingere. Lui è il genio del colore!
In uno scatto di furia, afferra un barattolo di colore indaco e lo scaraventa verso la tela. Il colore copre gran parte della superficie bianca e poi cola verso il pavimento. Ma non basta, Max afferra anche il barattolo del colore nero e lo lancia violentemente sul pavimento. Il colore straborda fuori schizzandogli addosso e sporcando tutto quello che si trova nel giro di mezzo metro: pavimento, cavalletto, sgabello e tela, già macchiata di indaco.
Max continua nel suo sfogo distruttivo e scaraventa anche il barattolo ancora chiuso del rosso, che sbatte contro la tela, rimbalza e atterra sopra il cavalletto, perde il tappo e il colore inizia a colare come fosse la lava di un vulcano in eruzione.
Quando sente la porta di casa aprirsi e poi richiudersi di nuovo, si ridesta dalla sua furia. Ha il respiro affannato e la fronte imperlata di sudore. Gira di pochi centimetri la testa, giusto per accertarsi della presenza di Paolo, il suo agente. Solo lui e la signora delle pulizie hanno la chiave.
«Max, è da ieri sera che ti sto cercando… ero preoccupato per te!»
L’uomo attraversa chiassosamente l’atrio e d’improvviso si ferma.
«Max! Ma è meraviglioso! È proprio questo che ti dicevo. Passione! Emozioni! E pensare che per come te ne sei andato via ieri sera temevo che non avrei più visto un tuo quadro. Ed invece… Rieccolo il pittore in cui ho creduto tanti anni fa!»

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