Seduta sulla poltrona la donna osservava la grande scatola ai piedi delle scale.
Doveva decidersi a riportarla in soffitta.
Se solo avesse ricevuto la telefonata del figlio prima, si sarebbe risparmiata la fatica di portala giù dalla soffitta. Ogni anno si faceva più pesante ed ingombrante. Forse era il caso di dividerla in due scatole più piccole.
«Mi dispiace mamma, ma quest’anno passeremo il Natale dai genitori di Angela. Spero capirai… Lo passiamo sempre da te e i miei suoceri si sono un po’ risentiti.»
La donna guardò fuori dalla finestra.
Certo capiva.
Avrebbe passato il Natale da sola.
Riguardò la scatola.
Per chi addobbare la casa?
E l’albero?
Ogni anno il figlio al suo arrivo andava nel bosco vicino a tagliare un abete. Un bellissimo abete. Aveva il dono di scegliere sempre l’albero più folto, della giusta misura per il terrazzino d’ingresso, non troppo grande da invadere tutto lo spazio, ma nemmeno troppo piccolo da scomparire.
Il trillo del timer proveniente dalla cucina la ridestò dai suoi pensieri.
A fatica si alzò dalla poltrona e strascinando i piedi si recò in cucina a spegnere il forno.
Aveva fatto l’arrosto.
Per chi poi, non lo sapeva. Per lei sola era davvero troppo grande. Ma lo aveva preso come da tradizione all’inizio del mese e congelato. Non poteva certo lasciarlo in freezer tanti mesi. E così lo aveva scongelato e messo in forno. Aveva preparato anche le patate.
E niente altro.
Per chi continuare a cucinare, si era chiesta a un certo punto. Natale e Vigilia li avrebbe passati da sola.
Lei e un arrosto troppo grande.
Poteva affettarlo e ricongelarlo in mono porzioni da mangiare un po’ alla volta, fino alla nausea.
Ritornò a sedersi alla sua poltrona accanto alla finestra. Prese il libro dal tavolino lì accanto, ma lo posò in grembo: non le andava nemmeno di leggere.
Un’ombra oscurò un attimo la luce che filtrava dalla finestra e poi un gran trambusto la fece sobbalzare. Scostò la tenda e vide le fronde di un abete muoversi sul terrazzino.
«Ma cosa diav...»
Lentamente si alzò, prese una maglia appesa nell’ingresso e uscì.
«Buongiorno Lisa.»
«Adalberto?! Ma cosa sta combinando?»
Il suo burbero vicino di casa era nel suo terrazzino intento ad armeggiare con un abete.
L’uomo non rispose, continuando ad affaccendarsi attorno all’albero, intento a fissarlo in un secchio pieno di ghiaia.
«Cosa sta combinando?» Ripeté. «Guardi che ha sbagliato casa. Questa è casa mia, la sua è lì a fianco.»
«Ho visto che quest’anno non ce l’aveva...»
«Infatti. Quest’anno non lo festeggio il Natale. Se lo porti via.»
«Suvvia. Cosa diranno i suoi nipotini al loro arrivo se non troveranno l’albero di Natale?»
La donna arrossì.
«Oh! Adesso capisco.»
L’uomo armeggiò ancora un paio di minuti per garantire la stabilità dell’albero.
«Guardi che non è il caso… Non lo voglio un albero.»
«Suvvia. Il Natale da soli è già triste, se poi non gli diamo un po’ di allegria con le decorazioni!»
«Ma parla lei che non ha mai addobbato casa sua!»
L’uomo si fermò un attimo e la guardò serio dritto negli occhi.
«Io godevo dei suoi addobbi.» Accennò un sorriso.
Elisa si strinsi ancora di più la maglia attorno ai fianchi, avvolgendosi con le grosse braccia.
Faceva freddo. Se avesse saputo di stare così tanto tempo fuori, avrebbe preso il cappotto.
«Ma lo sa che lei è proprio un bel tipo!»
L’uomo accennò un altro sorriso.
In tanti anni di vicinato Lisa non lo aveva mai visto sorridere. I loro rapporti erano al limite della cortesia, lungi dal potersi definire di “buon vicinato”. Adalberto era sempre stato scostante e ombroso. Sempre indaffarato in piccoli lavoretti dentro e fuori casa, ma di pochissime parole.
«Su, dai. Vada a prendere le decorazioni. L’aiuto io ad addobbare, così non le servirà prendere la scala per arrivare alla cima.»
Perplessa la donna rientrò in casa, indossò il cappotto e prese la pesante scatola degli addobbi, rimasta ai piedi delle scale dalla telefonata del figlio.
Lavorarono di buona lena in silenzio. Provarono ad accendere le luci e una volta sistemato qualche dettaglio, si ritrovarono nel giardino innevato ad ammirarne il risultato.
Finalmente anche sul viso di Lisa comparve un sorriso.
«Mi sembra un gran bel risultato. Non è perché le cose non vanno come vorremmo, che dobbiamo rinunciare alle nostre passioni.»
«Come?»
«Lo sa l’intero quartiere che lei ama addobbare casa per Natale. E non mi venga a dire che lo faceva per i nipotini. Ha sempre addobbato casa da quando vive qui.»
Adalberto aveva ragione: aveva sempre amato il Natale e la sua atmosfera, e adorava ornare casa.
«Venga dentro che preparo qualcosa di caldo per scaldarci.»
L’uomo la seguì in casa.
Sorseggiando il tè caldo, accompagnato dagli immancabili biscotti alla cannella fatti in casa, la donna ringraziò l’uomo. Poi rimasero in silenzio per tutto il tempo.
Era la prima volta che Adalberto entrava in casa sua, eppure a Lisa parve di essere in presenza di un vecchio e caro amico.
«Perché non si ferma a cena? Ho cucinato un arrosto così grande che potrei sfamare l’intero quartiere.»
L’uomo accettò con un cenno del capo.
E dopo la Vigilia, passarono insieme anche il giorno di Natale. C’era un arrosto da finire.