<<Non dire cazzate!>>
Sbottò.
<<Scusa. Decisamente stasera
sei stralunato amico!>>
Ricevetti un grugnito in risposta.
Mi fece cenno con la testa di
avanzare.
<<Non sai cosa mi è
successo…>>
<<Cos’è? Ti sei fatto beccare
dal Sergente a dormire durante la guardia?>> Scherzai.
Mi fulminò con gli occhi. Il suo
pallore non si attenuava, anzi, se possibile, il suo viso diventava sempre più
color cenere.
<<Qualunque cosa ti sia
successa questa sera, non ti ha fatto per niente bene: hai un bruttissimo
aspetto!>>
<<Vorrei vedere te al mio
posto!>> Si lagnò. <<Vieni.>>
Lo seguii su per l’altana. Aveva le
spalle basse, le ginocchia piegate e il passo trascinato.
Si fermò e mi indicò un punto nella
campagna circostante: <<Guarda. Lo vedi quel fagotto in mezzo al
campo?>>
<<Dove? Non vedo
niente…>>
<<Guarda attentamente. Segui
la linea del mio dito.>>
<<Mmm… forse... Ma cosa dovrei
vedere?>>
<<Laggiù c’è un uomo morto!
Gli hanno sparato davanti ai miei occhi!>> Mi disse in tono greve, da
attore tragico.
Non potei trattenere una forte
risata.
<<Ma cosa ti sei sparato
stasera?>>
<<Sst! Sta zitto
coglione!>> Mi zittì. <<Non sono fatto! E’ arrivata una machina,
sono scesi in tre. Li ho sentiti discutere animatamente, ma non capivo cosa si
dicessero. Poi ho sentito uno sparo e uno dei tre si è accasciato… ed è ancora
lì! Lo vedi? Gli altri due sono risaliti in macchina e sono scappati.>>
Il suo respiro si era fatto
affannoso e sembrava veramente turbato.
Mi sforzai di vedere il corpo nella
notte illuminata solo dalle stelle.
Nel punto che mi aveva indicato
notai effettivamente una macchia scura, ma poteva essere qualsiasi cosa: un
gioco d’ombre, un sacchetto di plastica trascinato dal vento o solo la mia
immaginazione, suggestionata dal racconto di Ferretti.
<<Cosa facciamo ora?>>
Mi chiese, sedendosi a terra e afferrandosi la testa tra le mani tremanti. Era
sconvolto.
<<Dovresti parlarne al
Sergente…>>
<<Hai ragione!>> si alzò
come riconquistato da nuova energia.
Lo guardai scendere dall’altana e
quando la sua sagoma nera nell’oscurità raggiunse il cancello della Zona
Attiva, mi concentrai sulla macchia scura in mezzo al campo.
Era noto a tutti noi soldati che
l’area attorno alla polveriera era frequentata di notte da spacciatori e
rispettivi clienti.
Chiunque aveva montato la guardia di
notte aveva assistito all’arrivo di una macchina con i fari spenti e il motore
al minimo, seguita poco dopo o da un’altra macchina o da un mezzo a due ruote.
I guidatori scendevano dai rispettivi mezzi e dopo pochi minuti risalivano e
ripartivano, silenziosi come al loro arrivo. Un commercio illegale, ma
tranquillo.
Ma un omicidio era un’altra cosa.
Ero perso nei miei pensieri, quando
scorsi una macchina in avvicinamento e, ovviamente, con i fari spenti.
Non volevo perdermi la scena: se
davvero lì in mezzo c’era un cadavere, ne avrei avuto conferma.
L’automobile si fermò vicino alla
macchia scura e ne scesero due sagome. Si avvicinarono al presunto cadavere, si
chinarono e raccolsero il fagotto.
Fino all’ultimo avevo sperato che
Ferretti si fosse sbagliato o che avesse avuto un’allucinazione. Ma quella era
la conferma che lì in mezzo al campo era stato commesso un omicidio e che
Ferretti aveva assistito a quella scena tremenda.
I due estranei caricarono a fatica
il corpo nel cofano della macchina e ripartirono.
Cristo! Si stavano portando via il
cadavere e con esso ogni prova.
La guardia notturna era sempre
interminabile, ma quella notte sembrava che il tempo si fosse fermato del
tutto. Guardai l’orologio: erano passati solo cinque minuti da quando Ferretti
era andato ad avvertire il Sergente, ma sembravano passate delle ore.
Ferretti, accompagnato come previsto
dal Sergente, ricomparve davanti al cancello dopo una mezz’ora.
Li osservai salire lungo il sentiero
e prontamente urlai: <<Alt! Chi va là!>>
<<Sono Ferretti.>> Mi
rispose prontamente il mio commilitone.
<<Allora soldato, cosa sta
succedendo qui?>> Mi urlò in faccia il Sergente, mentre prontamente mi
mettevo sull’attenti.
<<Signore, hanno portato via
il cadavere…>> Cercai di nascondere la mia agitazione.
<<Soldato Ferretti e soldato
Trebboni non mi piace essere preso per il culo!>>
<<Signore, confermo di aver
visto sparare a un uomo…>> Lo interruppe Ferretti.
<<Silenzio soldato! Dov’è ora
il corpo?>>
<<Lo hanno portato via,
signore.>>
<<Mi volete far credere che
prima c’è stato un omicidio con l’abbandono del corpo e solo in un secondo
tempo c’è stato l’occultamento delle prove?>>
<<Sissignore.>>
Rispondemmo all’unisono, ciascuno testimone di una parte del delitto.
<<Silenzio! Non tollererò
oltre le vostre burla! Voi due siete famosi per la mancanza di disciplina. Due
giorni di consegna a testa!>>
<<Ma signore…>> Provò a
giustificare Ferretti.
<<Quattro giorni di
consegna!>> Sbottò il Sergente. I suoi occhi erano spalancati e iniettati
di sangue. Era noto a tutto il reggimento che detestava l’indisciplina ed essere
svegliato, e non necessariamente in questo ordine. Ci aveva sempre detto di non
intrometterci con le vicende dei cittadini privati e di far finta di non vedere
gli scambi che avvenivano nei campi fuori dal recinto, ma mai avrei pensato che
ci rendesse complici in un omicidio.
Il Sergente se ne andò senza
aggiungere altro.
Ferretti pallido e rassegnato lo
seguì, con passo lento e stanco.
Io rimasi lì di guardia per l’intera
notte, per una volta senza dover faticare per rimanere sveglio. Ero sconvolto e
mi immaginavo in quale stato d’animo versasse Ferretti.
Non rividi più Ferretti. Alcuni
giorni dopo quell’episodio, seppi che fu ricoverato all’ospedale militare, in
preda ad allucinazioni dovute ad una febbre altissima.
Anch’io rischiai di ammalarmi,
sentendomi complice per un omicidio. Quella vicenda mi aveva segnato e il mio
morale ne aveva risentito: trascorsi gli ultimi mesi del servizio militare in
silenzio, cercando di apparire trasparente agli occhi di superiori e
commilitoni. Volevo solo allontanarmi da quale luogo il prima possibile e
cercare di scodarmi quella terribile notte.
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