Luigi
Delupo entrò in camera con un bicchiere d'acqua in mano e un blocco d’appunti
nuovo sotto il braccio. Appoggiò il bicchiere sul comodino e infilò il blocco
nel cassettino sottostante, adagiandoci sopra la penna. Si mise il pigiama,
spense la luce e attese l’arrivo di Morfeo, che non tardò.
Quando la mattina si svegliò, si mise seduto,
senza uscire da sotto le coperte, e afferrò il blocco d’appunti dal cassetto
del comodino. Si fermò a pensare, immobile, con la penna in mano e il blocchetto
sulle ginocchia. Dopo una buona mezz’ora ripose il blocco immacolato. Nervoso ed irritato si alzò e affrontò la sua quotidianità:
caffè e giornale al bar, passeggiata al parco, fugace pranzo, pomeriggio sul
computer a leggere e-mail e notizie su blog vari e, infine, una cena leggera.
Una volta rassettata la cucina, si accomodò nella sua poltrona preferita e
lesse un libro per un paio di ore in attesa del sonno. Si coricò, non prima di
aver controllato il proprio blocco d’appunti nel comodino, e si addormentò.
Anche
la mattina successiva si sedette nel letto, ancora con le coperte sulle gambe, e prese il blocco dal comodino. Si mise a pensare
immobile. Questa volta non si mosse prima di un’ora, e lo fece con uno scatto
d’ira lanciando penna e blocchetto sul comodino, urtando, senza danni, il
bicchiere d’acqua semi vuoto.
Luigi
Delupo ero uno scrittore. Le sue ispirazioni le prendeva dai suoi floridi
sogni. Più sognava e più scriveva. Più scriveva e più guadagnava. E non era
capace di scrivere niente che non avesse sognato. Ecco perché quando non
sognava si arrabbiava: aveva un contratto da rispettare con il suo editore. Le
sue giornate erano fatte di routine; le emozioni le aveva di notte.
La cosa si ripeté per sette notti consecutive,
senza sogni, senza emozioni. La mattina della settima notte si alzò, non dopo
aver pensato per un’ora seduto nel letto. Si recò in cucina con il blocco
d’appunti in mano e lo gettò nella spazzatura. Il suo fu un gesto istintivo,
quasi non se ne rese conto. Il suo umore era pessimo e non migliorò per tutta
la giornata. Non ricambiò il saluto nemmeno delle due persone che provarono a
rivolgergli la parola durante la
giornata.
L’ottava notte si coricò nel letto senza aver letto
una pagina e ci mise un po’ per addormentarsi. Era nervoso e non si sentiva per niente stanco. Finalmente Morfeo
sopraggiunse e si addormentò. La mattina scattò in piedi sul letto, emozionato:
aveva fatto un sogno particolarissimo ed era vivido nella sua mente. Cercò il
blocco d’appunti nel comodino, ma trovò solo la penna. Scese d’un balzo giù dal
letto, ricordando solo in quel momento che la mattina precedente lo aveva
gettato nel cestino della
spazzatura. Corse in cucina a piedi scalzi e rovistò nel cestino vuoto:
aveva buttato il sacchetto fuori nel cassonetto dell’immondizia. Nervoso, senza riflettere uscì di
casa, così com’era, in pigiama e a piedi nudi. Guardò nel cassonetto e
quasi vi cadde dentro, ma era vuoto. La nettezza urbana era già passata. Grugnì
e poi si ricordò di avere un blocco d’appunti sulla scrivania, vicino al computer: gli serviva per
altri appunti, ma era un’urgenza e poteva anche andare bene. Si
sedette alla scrivania, prese il blocco e una penna. Ma non scrisse nulla: il ricordo del
sogno era svanito.