Lo
scrittore deve scrivere. Ogni giorno.
Questo
è un assioma assoluto.
Qualcuno
dice che anche scrivere per lavoro vale come allenamento.
Non
sono d’accordo.
Per
lavoro scrivo ogni giorno, ma non mi sembra che ciò mi porti grossi benefici,
perché scrivo più o meno sempre le stesse cose e con lo stesso linguaggio,
appiattendo il livello qualitativo dei miei scritti. Scrivere in “burocratese”,
seppur sforzandomi di essere chiara e comprensibile al lettore finale, cercando
di immedesimarmi in lui, non mi porta alcun beneficio a livello narrativo,
perché è tutta un’altra cosa, altri temi, altre cose da dire e il risultato
ricercato è differente. La comunicazione istituzionale deve essere secca ed
immediata e deve portare informazioni al destinatario nel modo più completo e
comprensibile possibile e, per non perdere l’attenzione del destinatario, deve
essere il più breve possibile. La narrativa, invece, è proprio l’opposto. La
narrativa deve raccontare una storia mostrandola attraverso le azioni di uno o
più personaggi, ma al contempo deve aprire la mente del lettore, permettendogli
un certo margine per giocare di fantasia; deve suscitare emozioni , ricordare
odori, sensazioni, aiutare a creare un mondo ben oltre la pagina scritta. La
narrativa non deve essere secca ed immediata. Deve lasciare margini di
interpretazione e comunicare sì un messaggio, ma non univoco, non uguale
universalmente per tutti.
Credo
che uno scrittore debba allenarsi a scrivere ogni giorno, ma non nascondersi
dietro all'alibi “scrivo ogni giorno per lavoro”, che porta solo alla
mediocrità, ma deve cercare di scrivere cose nuove, temi nuovi, sperimentare
generi, ricercare parole e attraverso queste trovare quella magia che permette
di portare il lettore in quel mondo magico che solo i grandi libri di successo
riescono a fare.