Riesco a leggere il
quotidiano locale solo quando sono in ferie e mi concedo la colazione al bar
con tranquillità. Di solito rappresenta una mezz’ora tutta mia, da godermi in
tranquillità.
Di solito, perché quel
giorno, mentre mi portavo la tazza del cappuccino alla bocca, mi è caduto
l’occhio su un articolo. O meglio sulle foto a corredo dell’articolo: una
macchina completamente distrutta e la foto del suo conducente. Una morsa mi ha
stretto la gola, il cuore e lo stomaco, quasi si trattasse di un unico organo.
Ho dato una rapida
occhiata all’articolo, per aver la conferma che il conducente fosse morto.
Con le mani tremanti
ho pagato la consumazione e sono uscita dal locale prima che chiunque notasse
la mia agitazione. Sono salita in macchina e ho preso fiato.
Non era possibile.
Forse mi ero sbagliata. Eppure l’articolo parlava chiaro e la fotografia ancora
di più.
Urlai e accasciandomi
sul volante mi sono messa a piangere, disperata e senza contegno.
Il mio uomo era morto
in un tragico incidente la sera prima. Aveva perso il controllo del mezzo,
forse per un colpo di sonno.
In realtà non era
proprio il mio uomo. Era l’uomo di un’altra, perché pur amandolo alla follia
lui era sposato con un’altra donna.
Non volevo diventare
un’amante, una distruggi famiglia, ma era successo.
Luca era stata una
vecchia fiamma ai tempi della scuola. Non proprio una vera e propria coppia, causa
la timidezza di entrambi. Era evidente che ci piacevamo e per un po’ avevamo
flirtato, ma nessuno dei due aveva avuto il coraggio di fare la prima mossa.
Poi si sa, la scuola finisce, ci si perde di vista e la vita ti porta da
tutt’altra parte.
Ci siamo rincontrati per
caso dopo vent’anni.
Era estate e avevo
promesso a mia figlia di portarla ad una di quelle sagre paesane di maggior
successo, che richiamano l’attenzione di persone proveniente da tutta la
regione. Mentre facevamo la fila per il trucca-bimbi, ho sentito uno sguardo
addosso e voltandomi ho visto in mezzo alla folla i suoi occhi. Anche dopo
tanto tempo, ho subito riconosciuto quello sguardo. Ci siamo guardati per un
po’ e Luca si è avvicinato, dicendomi: «Ma allora sei davvero
tu!»
Dopo i primi
convenevoli e lo scambio delle prime informazioni tra persone che non si vedono
da molto tempo, quali il lavoro e la famiglia, ci siamo trovati seduti
all’interno di un bar a parlare come due vecchi amici che non avevano mai
smesso di frequentarsi.
Mi parlò del suo
lavoro come giornalista, che lo portava a girare un po’ per tutta l’Italia, di
suo figlio che aveva un anno più della mia, della moglie che non amava il
vecchio paese e preferiva passare le vacanze sola in città, piuttosto che
andare a trovare gli anziani genitori del marito. Io gli accennai del mio
divorzio e del mio lavoro come maestra.
Quando ci salutammo,
ero certa che non lo avrei più rivisto per tanti anni ancora. Per molti giorni
ripensai nostalgica a lui, ai tempi passati, a quello che poteva essere stato
ma non era stato e al suo sguardo quando mi aveva ritrovato tra la folla. Soprattutto
quello sguardo, che rivelava un uomo innamorato. Lo stesso sguardo che aveva
quando andavamo a scuola e che non aveva mai avuto il coraggio di confermare
concretamente.
Alcuni giorni dopo
ricevetti la sua richiesta di amicizia su facebook e di lì a ritrovarci fu
davvero semplice. Ci vedemmo un paio di volte per bere un aperitivo insieme,
facendo finta di essere solo amici, e poi iniziammo a scambiarci messaggini. A
volte mi sentivo in colpa nei confronti di sua moglie, ma mi giustificavo
dicendomi che in fondo non stavamo facendo nulla di male, che eravamo solo
amici. Ma il desiderio di rivederlo cresceva di giorno in giorno ed ero certa
che Luca provasse lo stesso sentimento, finché un giorno mi confessò che si era
lasciato sfuggire l’occasione una volta, ma che non lo avrebbe permesso una
seconda. Gli risposi che era sposato e che ormai era troppo tardi, ma lui mi
afferrò e mi baciò. Al ricordo di quel bacio, mi vengono ancora le farfalle
allo stomaco.
Iniziò così la nostra
relazione e quando mi accennò alla possibilità di lasciare la moglie, mi
rifiutai ostinatamente.
«Devi pensare prima
di tutto a tuo figlio.» Gli dissi, ricordandomi quanto la mia piccola aveva
sofferta dalla mia separazione dal padre.
Non avevo parlato della nostra storia a nessuno:
mia madre si sarebbe infuriata, accusandomi di essere una poco di buono e una
sfascia famiglie, facendomi sentire non solo in colpa, ma come una peccatrice,
rammentandomi che non erano stati quelli gli insegnamenti che mi aveva dato,
proprio come quando mi ero separata; le mie amiche sposate mi avrebbero
ammonito e forse avrebbero visto in me tutte le potenziali concorrenti al loro
felice matrimonio; quelle single… be’ non c’era nessuna con cui avessi tana
confidenza da rivelare un tale segreto. Forse perché in cuor mio sapevo che non
era proprio una cosa giusta.
Ora mi mancava
un’amica con cui sfogarmi, una spalla su cui piangere e cercare conforto.
Invece ero sola nel mio dolore. Mi chiusi in casa per poter pianger, adducendo
un po’ di influenza. Per fortuna il mio ex marito fu felice di tenere con sé nostra
figlia ancora qualche giorno. Soprattutto davanti a lei non avrei potuto
mostrare il mio dolore e confessare che la mamma aveva una vita segreta.
Ero sola e quando
uscivo dovevo indossare la maschera della normalità perché non potevo rivelare
a nessuno che il mio uomo era morto. Non potevo rivelare a nessuno che amavo un
uomo che ora non c’era più. La cosa più difficile era dover simulare una
normalità che nel mio cuore non esisteva. Avevo il cuore a pezzi e non potevo mostrarlo.
Io per quell’uomo non
era ufficialmente nessuno, nemmeno un’amica, perché noi assieme non esistevamo
per nessuno. Nessuno ci aveva mai visto assieme, nessun legame ufficiale ci
univa agli occhi dei nostri amici e conoscenti.
Sono andata al
funerale e mi sono confusa con la piccola folla che accompagnava il dolore
della famiglia, cercando di trattenere il mio di dolore. Non potevo certo
apparire più inconsolabile della vedova, ma dovevo accompagnare il feretro per
dare un ultimo saluto al mio uomo.