Il
mercatino dell’usato che si teneva una volta al mese era la scusa per prenderci
una giornata lontana dai problemi quotidiani e per ritrovarci da sole a parlare
e, a volte, spettegolare. Non mancava mai nessuna all’appuntamento, anche se ci
sentivamo al telefono molto spesso e altrettanto spesso ci trovavamo a bere un
caffè o a fare shopping un pomeriggio; ma solo quella era l’occasione per
ritrovarci sempre tutte insieme, come quando giocavamo da bambine: Sofia, Rossanna,
Carolina, Giulia e io. Niente mariti, amanti o figli. E non si trattava di una
mattinata di shopping tra amiche, perché solo raramente una di noi acquistava
davvero qualcosa. Era una semplice scusa per stare insieme come ai vecchi tempi
e per parlare, scherzare, sfogarci, come quando eravamo bambine. Un modo per
rinnovare la nostra amicizia tutte insieme.
Quel
giorno notai un vecchio libro, che attirò la mia attenzione. Era piuttosto
malconcio e sulla copertina che un tempo doveva essere stata rossa era
raffigurato una specie di demone, che invece di incutermi quel briciolo di
paura che tutti i demoni provocano, anche solo a vederli raffigurati, mi ispirò
una specie di simpatia. Mi fermai, arrestando i discorsi delle mie amiche, lo
presi in mano e lo sfogliai.
«Ma
che schifezza!» Mi apostrofò Giulia.
«Lo
trovo carino! A quanto lo vende?»
«Dieci
euro.»
«Ma
non vorrai mica prenderlo?» Insistette Giulia.
«Ma
sarebbe un bel soprammobile per la mia festa di Halloween!»
«In
effetti per Halloween è proprio indicato!» Mi sostenne Carolina, con una voce
divertita.
«Però
con dieci euro ti compri qualcosa di più bello… Non ti sembra un po’ caro per
essere un brutto libraccio vecchio?» Commentò Rossanna. «Sono certa che in
soffitta ho dei libri vecchi e malconci, se proprio ti servono per addobbare la
festa di Halloween.»
«Guardi,
glielo posso dare per cinque…» Ci interruppe il venditore.
«Ma
dai Rossanna, così macabri non ne hai di sicuro!»
«Ma
è così kitch!» Commentò Giulia schifata. «Prendi qualcos’altro, dai!» E cercò
di allontanarmi dalla bancarella.
«No,
per me è perfetto. Cinque euro, ha detto?» E porsi al signore un banconota da
cinque euro, trattenendo il libro con l’altra mano.
«Io
non te lo porto. Mi fa senso…» Proseguì Giulia, accennando un muso imbronciato.
La
discussione sul libro continuò davanti a una tazza di caffè. Sofia e Carolina
lo ritenevano il pezzo macabro per eccellenza, ideale per la mia festa, il
punto di attrazione, Rossanna seppure non ammettendolo lo trovava in qualche
modo affascinante, visto che lo prese in mano per sfogliarlo, e alla fine
concluse che forse, in effetti, in soffitta non avrebbe trovato nulla di così
gotico. Solo Giulia continuava a ribadire che era una cosa inguadabile e in
qualche modo sembrava temerlo.
Come
previsto la festa fu un vero successo. Modestamente le mie feste lo erano
sempre: non per nulla le mie amiche mi chiedevano sempre aiuto per feste ed
eventi in genere. Il libro, poi, fu un vero successo! Gli avevo riservato un
bel posto d’onore sulla tavola centrale, dove avevo raccolto oggetti macabri di
ogni tipo, mescolati ad alcolici serviti in ciotole lugubri ed improbabili e a
manicaretti raffiguranti dita smozzate, bare, fantasmi, zucche, streghe e ogni
classico personaggio della festa di Halloween. Ovviamente non avevo trascurato
nemmeno il resto della sala, addobbata a dovere con ragnatele, teschi,
pipistrelli e candele. Avevo perfino acceso il caminetto. La taverna si
prestava molto bene ad essere addobbata per ogni tipo di occasione. Avevamo
fatto molto bene a costruirla, merito di mio marito che l’aveva fortemente
voluta per le rimpatriate con gli amici chiassosi. L’atmosfera era perfetta e i
liquori sortivano il loro effetto. Tutti sembravano divertirsi. Ad un certo
punto il libro iniziò a girare di mano in mano, perché, mi resi conto, anche se
un po’ annebbiata dai fumi dell’alcool, che non solo le immagini ivi
raffigurate erano perfette per la serata a tema, ma anche le parole scritte in
una strana lingua sembravano ricordare un vecchio libro di incantesimi. Fu un
vero spasso vedere amici vari atteggiarsi a streghe e stregoni. SoloGiulia non
lo prese mai in mano, anche se sembrava comunque divertirsi.
In
effetti, la mia fu una festa indimenticabile, ma non per la motivazione che
speravo.
Non
so se fu colpa del troppo alcool o della soggezione subita dal tema, oppure da
entrambe le cose, miste a un po’ di superstizione che ognuno di noi ha in fondo
al cuore, ma ad un certo punto sembrò che il libro si fosse impossessato di noi
e la stanza mi sembrò diventare gelida e buia. I miei amici cominciarono ad
avere un comportamentoeccessivamente lascivo e sul loro volto, al posto del
sorriso di chi si diverte, si stampò un ghigno diabolico. Stefano, il marito di
Rossanna, mi afferrò per un braccio e mi tirò a sé, assestandomi un violento
bacio sulle labbra, lì davanti a lei che non disse niente, ma anzi sembrò quasi
approvare. Anche mio marito non si mostrò minimamente infastidito dal
comportamenti di Stefano, anche se non lo aveva mai sopportato. Allora mi
divincolai e scappai in una angolo. Passando accanto ai miei invitati, mi
sembrò quasi volessero trattenermi in quel agglomerato di corpi, che non
avevano più niente di umano. La testa mi girava.
Avevo
decisamente bevuto troppo.
Ad
un tratto mi mancò l’aria e mi accasciai a terra spaventata. Spaventata da
quello che stavo vedendo attorno a me, e dalla mancanza di certezza. Avevo le
allucinazioni, perché vedevo demoni aggirarsi dovunque. Li distinguevo a mala
pena, perché la stanza si faceva sempre più scura e fredda.
Due
braccia mi sollevarono e mi sentii abbracciare con calore. Era Giulia.
«Mi
sa che ho bevuto troppo…» Mi giustificai imbarazzata, ma la mia amica
continuava a guardarmi con occhi preoccupati. Gli altri, invece continuavano a
ridere e scherzare, con le loro facce demoniache, senza prestare la minima
attenzione al mio malessere, ma anzi godendone.
D’improvviso
mi sembrò che Giulia venisse circondata da una luce bianca, che rischiarò tutto
intorno, attirando gli sguardi dei miei diabolici amici, che dimostrarono non
apprezzare quella novità, lanciando in coro un urlo sovrumano.
Giulia
corse da Sofia, che stava leggendo rapita un passo del libro e glielo strappò
dalle mani, scaraventandolo nel caminetto acceso. Sofia cercò di afferrarlo, ma
si scottò la mano e si ritrasse emettendo un suono sibillino. Il volume prese
subito fuoco e in pochi secondi si polverizzò.
Giulia
mi guardò negli occhi con sguardo rassicurante. Mi accasciai su un divano
libero e mi addormentai.
Quando
mi svegliai, la festa stava tranquillamente proseguendo. Accanto a me c’era mio
marito.
«Tesoro.
Ti eri addormentata… Hai bevuto un po’ troppo stasera… Lo sai che non sopporti
l’alcool!» Disse con un tono un po’ preoccupato. «Anche se la tua grappetta
alla zucca non è niente male!» Proseguì con tono scherzo, porgendomi una tazza
di caffè nero.
Solo
allora mi resi conto che accanto a me c’era anche Giulia, che mi teneva per
mano.
«Come
ti senti?»
«Meglio
grazie. Ha ragione Daniele, ho davvero bevuto troppo. Ho fatto un terribile
incubo…»
«Sst!»
Mi zittì Giulia, appoggiandomi delicatamente la mano sulle labbra. «Certe cose
è meglio dimenticarle.»
Mi
guardai in giro. Il libro sembrava sparito. Non si trovava né sul tavolo né in
qualche mano. Sicuramente lo aveva preso qualcuno, per portarselo a casa, ma
non indagai più a fondo: l’altra ipotesi era davvero peggiore. Ma in fondo al
mio cuore sapevo di avere accanto a me il mio angelo custode.